Ecco la continuazione de L’omosessualità controcorrente, che ho cominciato a scrivere a fine marzo 2016. E’ suddivisa in tre parti. La prima va dalla n°1 alla n°159, la seconda va dalla n°80 alla 159 e la terza dalla n°160 alla n°247 (C’è anche la traduzione in francese e la traduzione spagnola). Avendo constatato il successo delle mie « 133 domande: l’omosessualità spiegata ad un adolescente dagli 11 ai 17 anni » scritte da poco; tenendo in considerazione il clamore mediatico creatosi intorrno ai casi di pedofilia nella Chiesa ed in attesa dell’esortazione di Papa Francesco, che costituisce la sintesi del Sinodo sulla Famiglia (2014 e 2015), per la quale egli è atteso severamente al varco (anche se, un’esortazione papale non ha per sé valore giuridico e non riveste di solito particolare importanza), mi sono finalmente deciso a scrivere questo articolo-libro sull’omosessualità all’interno della Chiesa cattolica, libro che avrei dovuto offrirvi molto prima. Però chissà, forse prima, i tempi non erano ancora maturi.
I cattolici hanno un sacco di domande interiori e di angosce derivanti dalla confusione portata dall’ omosessualità all’interno della loro confessione religiosa. Siccome però mal conoscono il tema, e siccome a questa ignoranza si mescolano angoscia e meccanismi di auto-difesa – per evitare di entrare in controversie scandalose, troppo pericolose o dolorose – tendono a rigettare, esteriorizzandola, l’omosessualità sul mondo pagano e a porsi su di essa delle domande troppo generiche e superficiali, senza peraltro affrontare e risolvere il problema.
Anche durante la sessione « Omosessualità » di Paray-le-Monial, nell’estate del 2015, mi ero battuto perché si facesse uscire l’omosessualità dallo scrigno individualistico e compassionevole costruito intorno alla persona omosessuale e ai suoi sentimenti/vissuti (anche spirituali), per esplorare davvero in profondità la dimensione politica, internazionale, artistica, comunitaria ed istituzionale dell’omosessualità. Ma sin da subito , ci furono delle resistenze ed una censura interna. Non bisogna universalizzare l’omosessualità! Non si deve tantomeno guardare all’interno della Chiesa cattolica così com’è, né arrischiarsi all’autocritica.. Perché? « Perché è un tema davvero troppo sensibile. » « Perché è un campo troppo controverso. » « Perché bisogna evitare scivolamenti e spaccature ». « Perché non bisogna andare troppo la fondo o ferire le persone ». Ok. E di ciò che realmente vivono le persone omosessuali, dell’incontro con loro, della loro realtà, della loro persona, di ciò che sta accadendo attualmente nella Chiesa, di tutto questo non importa niente a nessuno? Una verifica sullo stato attuale dell’omosessualità all’interno della Chiesa cattolica s’impone. Meno si guarda ad una ferita, più questa si allarga.
Tenendo conto di tutte le domande che mi vengono fatte durante le mie conferenze (poche sono quelle che riguardano direttamente la Chiesa, anche se c’è grande attesa al riguardo) ed anche di tutte le confidenze di fedeli e sacerdoti che ricevo nel privato, avevo materiale in abbondanza per riempire un libro! Ce n’è abbastanza per aprire un fascicolo, come si suol dire!
Ma le persone di chiesa che hanno parlato con me sotto vincolo di segretezza si rassicurino: non tradirò la loro fiducia. In ogni caso, io conosco talmente tanti « segreti di stato », ho ricevuto talmente tante rivelazioni così pesanti di conseguenze, così tanti scoop ignorati anche dalla maggior parte dei confessori, che a quest’ora, se non mi fossi morso la lingua, o sarei impazzito o mi avrebbero già trovato morto assassinato da un pezzo!
Non soltanto le 247 domande che leggerete non rimestano nel / non fabbricano fango, ma possono costituire senza dubbio l’antidoto contro un crash ecclesiale, che si preannuncia imminente e drammatico per la nostra Istituzione e per il nostro mondo. L’incidente mortale per la Chiesa non potrà mai capitare perché « le porte degli inferi non prevarranno su di essa» (Mt 16, 23) e non vi è alcuna Croce di Cristo senza Risurrezione … Ma detto questo, la Passione Cristica nella quale i cattolici degli ultimi tempi stanno per essere trascinati, rischia di essere pesante… Quindi vale la pena limitare i danni ed il pericolo della perdizione delle anime.
CAPITOLO I – OMOSESSUALE E CATTOLICO OSSERVANTE NELLA CHIESA :
1 – Tu dici che queste 247 domande sono un po’ quelle che avrebbero dovuto porsi i cardinali e il papa durante l’ultimo Sinodo sulla famiglia, se se si fossero impegnati un minimo seriamente sulla questione dell’omosessualità ?
Sì. Parlerò ancora del Sinodo nel capitolo V. Ma posso già dire fin da subito che i cattolici nel loro insieme preferiscono considerare il fenomeno dell’omosessualità come una realtà estranea alla Chiesa. Per paura di lasciarsi « contaminare » da esso. Per paura di dargli troppa importanza rispetto alla Rivelazione. E le poche volte in cui l’omosessualità è identificata come un fenomeno interno alla Chiesa, è esplicitamente ridotta ad un epifenomeno periferico da « accompagnare » (Papa Francesco non ci ha forse ordinato di « andare nelle periferie »?). Io credo piuttosto che l’omosessualità diventa una realtà interna tanto più prolifica quanto più ignorata; credo poi che essa si diffonda per mezzo del suo sedicente « rivale », l’eterosessualità. Quel che accade nella società è l’immagine speculare di ciò che accade nella Chiesa. Non c’è alcun confine netto tra i due. In nome dell’Incarnazione di Gesù, Uomo che non è del mondo, ma che è venuto nel mondo.
2 – Ci sono molti cattolici omosessuali praticanti? In quale proporzione si trovano nelle assemblee domenicali?
Non ne ho la più pallida idea. Ed è normale che sia così: il nostro orientamento sessuale non è (ancora) scritto sulla nostra fronte (dico « non ancora » perché con l’archiviazione digitale di tutta la popolazione mondiale – tramite il chip RFID – secondo l’orientamento sessuale, i sentimenti, le pratiche, i gusti, i tipi di incontro, le opinioni politiche, le convinzioni, ecc. questo sta cambiando… ). E siccome, sull’omosessualità, non ci si deve far troppo ingannare dalle apparenze di una comunità parrocchiale, preferisco non pronunciarmi e non avanzare alcuna statistica. Non basta, per esempio, vedere un buon padre di famiglia spingere un passeggino e occuparsi della sua prole nelle navate di una chiesa per escludere di trovarsi di fronte ad una persona omosessuale. Lo stesso dicasi per il prete: la talare ed il colletto romano non sempre ne fanno il casto uomo religioso che dovrebbe essere. Resto sempre stupito quando leggo il numero di uomini sposati che girano sui siti di incontri gay ed il numero delle madri di famiglia cattolica bisessuali. E le testimonianze confidenziali di alcuni preti – che mi danno ad intendere che in confessionale questi ultimi si confrontano con un buon numero di situazioni di grave difficoltà vissute da parrocchiani sposati che vivono una doppia vita o sono dilaniati da tentazioni omosessuali – non mi consentono né di generalizzare o « vedere omosessuali dappertutto », né di essere cieco e sottovalutare l’evidenza folgorante dell’atavismo bisessuale nell’attuale Chiesa cattolica.
3 – Perché così cattolici praticanti omosessuali?
Se ce ne sono tanti, cosa che io non saprei dire (anche se in questo momento continuo ad incontrarne nelle parrocchie e nei luoghi sacri: ho persino visto una « coppia » di due sessantenni uscire mano nella mano dal santuario mariano di Rue du Bac, come due adolescenti, perfettamente a loro agio e come se nulla fosse), c’è più di una spiegazione. Ne evidenzierò due in particolare.
Questa vicinanza dipende dalla natura amante della Chiesa: la Chiesa è un « amante dei peccatori e delle persone ferite/che feriscono » perché Essa accoglie tutti incondizionatamente, ed in particolare i casi clinici, perversi e carcerari. Papa Francesco ha ben ricordato che la famiglia che il Cristo guida e che lui conduce sarebbe un « ospedale da campo ». Quindi è a causa di una Buona Notizia (Gesù è venuto principalmente per i peccatori) che si può prendere atto di un’altra cattiva. Nella Chiesa, umanamente, c’è il meglio come il peggio.
Secondo me, questa vicinanza tra omosessualità e cattolicesimo si origina proprio nel funzionamento del desiderio omosessuale, che è uno slancio di fusione febbrile e orgoglioso con Dio, il contraccolpo di una generosità traboccante et di grandi talenti ricevuti all’origine. Giuda, Lucifero, i demoni, erano degli esseri molto promettenti, da un punto di vista obiettivo. L’attrazione omo-erotica vuole sfidare/transcendere i limiti del Reale umanizzante, in particolare la differenza Creatore-creatura (= la Chiesa, il Cristo) e la differenza dei sessi, perché umanamente et divinamente, quelli che la sentono hanno di che competere con Gesù : ho sufficientemente spiegato in cosa l’omosessualità significherebbe un desiderio di sentirsi come Dio. Sul malinteso esistenziale e amoroso, su una incomprensione della vera identità del Cristo e della Sua Croce, molti fedeli e preti arrivano quindi all’omosessualità in nome di Gesù e della propria « fede ». La Chiesa cattolica sembra rispondere alla loro sensibilità, alle loro superstizioni, ai loro appetiti di eccezionalità messianica e alla loro sete di essere onnipotenti. E’ del tutto logico che Essa attragga gli orgogliosi!
Infine, l’attrazione delle persone omosessuali per la Chiesa, e questa curiosa affluenza crescente che vi osservo ultimamente – io dico curiosa, perché è idolatra, è un « Io ti amo – io nemmeno » pieno di ambiguità, un « amore » misto a odio geloso – son dovute, credo, al contesto escatologico : l’arrivo imminente del Cristo, e la fine di un mondo. La Chiesa raggiunge la sua fase massima di corruzione apostatica, ma anche di purificazione tramite il Sangue. Il male si incolla a Gesù, si attacca a Lui, non perché lo ama (come dovrebbe) a pensare le apparenze et la sua sincerità) ma in realtà per ritardare la sua caduta nel suo stesso vuoto. La presenza delle persone omosessuali nella Chiesa è un segnale forte di Parusia e di decadenza civilizzazionale/mondiale/ecclesiale.
4- Quali sentimenti attraversano una persona omosessuale credente nel suo vissuto quotidiano di Chiesa?
E’ complicato. Perché poso vivere grandi momenti di depressione, di tristezza, di ribellione, di disgusto, di disperazione, insieme a grandi momenti di liberazione e di gioia. Spesso siamo molto sensibili, ipersensibili, esigenti, intelligenti, analisti sottili, viviamo molto male le nostre cadute e ricadute, le nostre fragilità, la nostra condizione omosessuale. Troviamo difficile perdonare a noi stessi di essere « così ». E siccome noi non sempre capiamo perché il nostro corpo, il nostro cuore – anche la nostra fede!- ci trascina verso coloro che non potremo mai veramente amare, siamo tentati di ribellarci contro noi stessi, contro l’assemblea domenicale, contro tutta la Chiesa, un po’ come un come un single che va in crisi sentendosi solo in mezzo ad una folla apparentemente « felice » e familiare. E’ di questi divari vertiginosi che si tratta.
Anche se possiamo sperimentare lunghi periodi di tranquillità (a volte tre o quattro anni senza la minima tentazione) noi viviamo molto male le turbolenze del nostro desiderio, le « intermittenze del cuore » di cui parla Marcel Proust. Tutto questo può diventare fisico, viscerale, molto violento. Nelle profondità di noi stessi sentiamo un grande bisogno di amore e di impegno, ma anche l’impossibilità di vederlo compiuto. A volte le persone del sesso opposto ci disgustano. E il fatto che esse siano cattoliche come noi non ci cambia nulla. Può succedere che questo ci disgusti ancora di più: non abbiamo voglia di farci illudere da nulla né di usare Dio per essere ancora più delusi e deludere. Lo spiritualismo e l’angelismo ci preoccupano, e credo, spesso a ragione, perché noi li abbiamo a volte testati a fondo, « in buona fede ». Anche con persone del nostro stesso sesso. Noi quindi diffidiamo ancora di più di un rapporto magico con la fede, il quale può rivelarsi catastrofico, diabolico. A che pro spezzare il cuore di una bella parrocchiana, giacché le ragazze sono la maggioranza nella Chiesa e si contendono le poche opportunità maschili che non sono entrate in seminario ? Perché uscire con una persona cattolica del nostro sesso per vivere una « fede a metà », anche se inizialmente nel coinvolgimento maschile « ideale »? Questa relazione spirituale è sufficiente ad intossicarci e confonderci: questa persona ci mancherà a lungo/per sempre (e non si tratta affatto « semplicemente di sesso »).
Noi, credenti e praticanti omosessuali, abbiamo una consapevolezza acuta della nostra eccezionalità sprecata in una generosità folle non sfruttata, di un potenziale che non deve essere utilizzato per una scelta che rimarrà senza alcun dubbio misconosciuta e respinta. Noi riconosciamo di portare su di noi una ferita non riconoscibile che nemmeno un cattolico compassionevole piangerà. E questo ci porta in un abisso di profonda malinconia, che può giungere fino a voglie suicide. Che cosa si può fare con un buono a nulla come me, Signore? Che posto e che vocazione ti aspetti da me? Io non quadro da nessuna parte!
Proprio oggi, in occasione della festa della Divina Misericordia (3 aprile 2016), mi sono trovato nella chiesa di Saint-Sulpice a Parigi, perso nel mezzo di una folla enorme di oltre 3.000 persone. Non so il motivo per cui per i tre quarti della Messa il mio cuore è stato lontano, mentre io avevo tutto per stare in un clima di festa (io ero dietro il coro; tutti sembravano felici, il Cristo Misericordioso è un giorno dell’anno di grande Fede e di riscoperta del perdono, io non sto vivendo in questo momento della mia vita prove terribili; Monsignor Rey, che celebrava, ha fatto una omelia formidabile sul Vangelo del giorno dedicato alla « incredulità » di San Tommaso, ecc.). Mi sono perso. Volevo andarmene via da quel posto. Non ci stavo dentro con la testa. Ho cominciato a fantasticare sull’amore per un ragazzo cattolico incontrato di recente, a sentirmi estraneo alla cerimonia ed anche alla Chiesa cattolica, a sentirmi sinceramente incompreso ed escluso, identificandomi con tutte le persone omosessuali cattoliche come me (= gli Invisibili della Chiesa), a confrontare la mia situazione con quella di una persona disabile o malata che non beneficierà sulla terra della guarigione elargita da Dio ad alcuni eletti. E poi improvvisamente, senza motivo, il mio cuore indurito si è squarciato, si è inondato di lacrime, dilatato, riscaldato, come dopo un eclissi solare. La mia vicina di banco, una donna cieca col bastone bianco, sulla quarantina e di un’ntelligenza che pareva inusuale, inspiegabilmente, rivolgendosi a me, mi chiese, in previsione dellla fila affollata per la Comunione: « Mi potrebbe accompagnare? » Subito, con entusiasmo, ho detto sì. Poi, in attesa dell’inizio della distribuzione dell’Eucaristia, ho cominciato a sciogliermi in lacrime in silenzio, senza che la mia vicina inferma (ovviamente) se ne accorgesse, perché sapevo che era il Signore che me l’aveva delicatamente mandata. Dopo, tutto il canto di comunione (« Mio Signore e mio Dio ») mi ricordava che potevo contare solo su Gesù. Durante la comunione, vedevo passare davanti a me tutti i tipi di fedeli, comprese persone con evidenti menomazioni fisiche e persino gravi ustionati, ricordandomi che c’è gente messa molto peggio di me. E, infine, nel momento in cui pensavo quanto noi, persone omosessuali, siamo gli scarti inutili della Chiesa, ho scorto un’amica nel coro – segretamente lesbica che aveva fatto coming out con me la settimana prima – girarsi per aiutare vocalmente cinque compagne contralti che padroneggiavano male la loro voce. Quella vista aveva reso completa la mia felicità! E’ stata una valanga di segni nel giro di pochi secondi per mettermi al mio posto, ma anche per ricordare a me stesso che ero amato in maniera speciale da Dio, anche come persona martoriata, isolata, omosessuale. Ecco! Questa Messa è l’immagine dello spettro dei sentimenti che possono attraversare un credente omosessuale durante tutta la sua vita di Chiesa.
5 – La fede complica le cose e ingrandisce il mio malessere se mi sento omosessuale?
Sì. innegabilmente!. A prima vista, sembra davvero più complicato essere omosessuale e cattolico che essere omosessuale semplicemente. Ma chi ha detto che la comodità e l’ignoranza costituirebbero la felicità e non ci priverebbero della libertà? Chi vorrebbe lasciar credere che il senso di colpa inconscio è più facile da sostenere rispetto al senso di colpa cosciente? Come giustamente ha scritto il filosofo René Girard, il sacro contiene la violenza (e quindi la sofferenza), nel doppio significato di « contenere » la contiene /include e allo stesso tempo la canalizza/ impedisce. La fede in Gesù è, nel tempo umano, la maggiore possibilità, ma anche la più grande prova del credente, e a fortiori del credente omosessuale. Essa lo spinge verso terre aride, interrogativi profondi, dilemmi dolorosi, sensi di colpa giustificati, intuizioni che lo isolano dalla sua epoca, che lo malmenano apparentemente « per niente ». In effetti, molti atei e non credenti ritengono che la religione è un « grattacapo » e un « sadomasochismo » tanto terribile quanto inutile e ingiustificato. Ma in realtà, la fede, vissuta sul lungo periodo e in una vera fedeltà a Dio, mette alla prova la libertà del credente omosessuale, purifica i suoi slanci di desiderio e le relazioni, porta ad una gioia paradossale (quella del dovere e dello sforzo compiuti) e produce molto frutto. La fede è un dono d’amore. Costa riceverlo e mantenerlo. Essa rende liberi, ma fa soffrire, perché non c’è vero amore senza lotta e senza dono/abbandono di sé. I non credenti sono soliti pensare che sia la fede che crea il senso di colpa … quando in realtà sono i nostri desideri malvagi e i nostri atti cattivi che lo costruiscono. La nostra fede e la nostra coscienza non fanno altro che rilevare un male che non viene da loro.
6 – Ed invece, in cosa la fede è un di « più » nel mio vissuto omosessuale?
La fede mi porta ad una chiara conoscenza della mia identità profonda, del mio peccato, delle mie ferite, ma anche della mia Salvezza. Essa aiuta dunque ogni persona omosessuale ad amare pienamente sé stessa e ad amare pienamente gli altri, senza commedie, in tutta semplicità, humour, originalità, realismo e Verità. Essa dona il suo vero senso e la sua bellezza ad una tendenza omosessuale talvolta duraturamente radicata. Essa è la fortuna della vita di ogni persona omosessuale. Cosa faremmo noi senza la fede ? Quante relazioni amicali e amorose vane vivremmo noi senza di essa!
A causa di essa e a causa del mio desiderio omosessuale che io non ho scelto, io faccio parte di due mondi che a livello individuale, sociale e spirituale (e quando l’omosessualità viene praticata) sono diametralmente opposti: il mondo cattolico e il mondo omosessuale. Questo meticciato ibrido e con doppia cittadinanza, che potrebbe portarmi allo sconforto se continuassi a cullarmi ancora nell’illusione di trovare l’« amore omosessuale » conservando nello stesso tempo la mia fede o se praticassi apertamente l’omosessualità, diventa paradossalmente un motore sorprendente per la mia gioia di credere e per la mia vita. La ciliegina sopra la torta. Già di per sé, la falla omosessuale mi avvicina a coloro che soffrono, mi rende attento e all’ascolto del minimo malessere psichico, mi permette di individuare maggiormente li parrocchiani o le persone fuori dalla chiesa che hanno delle preoccupazioni a livello della sessualità, dell’amore, della fede, e che hanno bisogno del mio aiuto. Essa tranquillizza i più marginali, mi rende fratello di ciascuno, agisce come una porta di ingresso originale nella quale tutti si possono infilare senza timore di essere giudicati. L’omosessualità è talmente inaspettata all’interno della Chiesa che ci dimostra concretamente l’universalità e l’umanità sorprendente della Chiesa. Ogni persona omosessuale cattolica è un messagero segreto e insolente della Buona Notizia che è il Cristo, la prova vivente della seguente Parola di Resurrezione: « La pietra scartata dai costruttori è diventata testata d’angolo. » (Mt 21, 42) Sono davvero di una grande bellezza, le persone omosessuali nella Chiesa!
Inoltre, da un punto di vista soprannaturale e mistico, la mia incrinatura omosessuale rende possibile una comunione più grande con Gesù sulla Croce (perché anche Lui ha vissuto uno squarcio doloroso), une migliore disposizione all’accoglienza della Grazia divina, che arriva ad attraversarla e a trascenderla. L’omosessualità è una eccellente terra per il seme seminato dal Signore: escoriata, rimossa, spezzata fragile, umiliata, impotente, non può lottare per molto tempo contro l’acqua della pioggia e i buoni semi divini. L’omosessualità spezza il moi orgoglio di essere perfetto, mi mette in una situazione di impotenza e di dolore che m’impediscono di credermi un Superuomo che non ha bisogno di . Essa mi predispone all’umilità (se e soltanto se non mi ribello e non la pratico ). La mia tendenza omosessuale può essere, per grazia, motore e accelleratore di santità. Quanto può essere strano, impertinente e incisivo essere uomo e cattolici, ve lo giuro ! Nella evangelizzazione di strada, per esempio, jposso dirvi per esempio che questo converte i passanti atei dieci volte di più di un sacco di preghiere, di messe in scena di ascolto rispettoso e di tanti bei discorsi!
7 – Quali sono gli inconvenienti dell’essere omosessuali e fedeli cattolici?
Più che un inconveniente è una Croce! E’ una contraddizione esistenziale quasi imposta. Nell’omosessualità, la chiamata ecclesiale alla povertà è un dolore vivo e palpitante che a volte assomiglia a un sadismo divino, alla tortura, alla follia, a un problema insolubile, ad una malattia. A te omossessuale, ti si dice che se vuoi vivere in accordo con ciò che ti richiede alla Chiesa, devi rinunciare ad uno dei cinque sensi umani così importanti per essere felici: il gusto. Devi mangiare senza sentire la gioia di quello che ingerisci. Devi rinunciare al godimento, alla carne, e anche ai sentimenti amorosi. In sostanza, ami e vivi senza piacere! Ti si dice che, per essere pienamente felice, devi lasciare da parte quei piaceri semplici e spesso intensi che sono la tenerezza e la coppia. E devi aggiustarti da solo con questo anche se in qualche modo ti piace! In realtà, se sei omosessuale e cattolico, sei attratto da ciò che non puoi amare; e ti ripugna ciò che solo potrà permetterti di amare (= il matrimonio d’amore tra uomo-donna o il celibato consacrato). Ovvero: arrangiati per trovare la via d’uscita !
Come se ciò non bastasse, le cose si complicano quando, come single (o anche come cattolico sposato, con una famiglia da mantenere), ti imbatti un giorno nell’uomo la cui sola presenza ti inebria, la cui gentilezza, l’intelligenza, l’ascolto, l’umorismo, l’integrità, la nobiltà spirituale, ti toccano nel profondo del cuore. Hai davanti a te eccezionalmente un’anima bella, che ti sembra appetibile (e per delle ragioni ben più elevate di una banale « storia di sesso »), che ti vuole bene, che non è lì per il suo piacere egoistico, che si sente lontano da tutte le rivendicazioni politiche eccessive dell’attivismo omosessuale classico (anche dell’attivismo omosessuale « cristiano »), e che può condividere la tua fede e la sua tenerezza con te. Nel mio caso, non mi capita spesso (le tentazioni sono scarse, perché sono rari i ragazzi anche cattolici che mi attraggono sia fisicamente che intellettualmente e spiritualmente, e con i quali posso progettare una vita di « coppia » comune: fin dall’inizio, la maggior parte di essi non potranno restare che fratelli e amici), ma sono costretto a riconoscere che la tentazione in questione mi prende anche mentre scrivo. Ahi, ahi ahi ahi ahi, fa male! Anche dopo quattro anni di calma piatta. E soprattutto quando i sentimenti, come in questo caso, sembrano condivisi , e che il desiderio di rimanere fedeli alla Chiesa resta inaspettatamente legata ad un filo … e non scomparirebbe a prima vista anche se uscissi con questo uomo, perché da quel momento questa fedeltà sarebbe davvero presa sulle spalle da entrambi e, non solo, ma manterrebbe anche intatto una volta tanto il sigillo della comunione con Dio e la Chiesa!
Scopro così il dolore, la lacerazione, l’angoscia, i tormenti della privazione che porta con sé la rinuncia ad uscire con un ragazzo cattolico di cui inizio ad innamorarmi e che mi attrae tanto quanto lui è attratto da me. Si tratta di un vero e proprio strazio del cuore. « Ti amo. / Anche io … ma, nonostante tutto, no ». Ho un bel offrire tutto questo a Dio nella preghiera, ho un bel sapere che io porto la responsabilità e le speranze di molte anime nella mia fedeltà alla continenza, il dolore acuto del rimorso non scompare subito, anzi si annuncia forse duraturo. Il dubbio mi assale, e le domande « A che pro resistere (e in questa resistenza, far soffrire qualcuno che si ama)? » « Perché ci sarebbe totale incompatibilità tra fede e omosessualità? » « Perché il male, se davvero di male si tratta, assume l’apparenza del bene o è prodotto dal bene? » « Me ne faresti una colpa tu, Signore, me ne fareste una colpa voi, famiglia e comunità cristiane, per ciò che io non ho scelto o per il tradimento che potrei fare ai miei impegni / discorsi precedenti? » Interrogativi che permangono numerosi, ossessivi. Sono su questo crinale, sul quale non capisco (né razionalmente né emotivamente) né perché dico no alla « coppia » omosessuale, né per quali ragioni valide obbedisco all’arbitrio della fede che mi sembra improvvisamente un’intestardimento, un orgoglio putrido, un massacro d’amore, uno spreco, una intransigenza, una rigidità psicologica rivestita di pietà, una crudeltà, un conforto camuffato da « santo coraggio ».
E’ per questo che non riesco mai a dare la colpa a nessuno e soprattutto non ad una « coppia » omo -cattolica, che in origine non ha scelto di essere omosessuale e vive una vita « coniugale » e spirituale donata gli altri e a Dio, di non imporsi la perfezione del celibato continente e di una giusta distanza fraterna. Io stesso trovo che la distinzione che separa la continenza dalla vita cristiana della « coppia » omosessuale è spesso sottile, inestricabile. E dubito continuamente di aver scelto la via migliore. Quello che so è che se l’astinenza è la via migliore, questa rimane arida e non mi rende migliore di altri, e a volte poco più felice di loro. E non potrei dare la colpa a nessun omosessuale cattolico di non poterla /volerla seguire, di non essere capace di privarsi della tenerezza / compagnia, di non correre la corsa di resistenza della continenza (chiamata « amicizia disinteressata »). I due casi – la « coppia » omosessuale cattolica o la continenza senza il sacerdozio – sono soluzioni in ogni caso per difetto. L’una (= continenza) è solo più libera e straziante in modo diverso rispetto all’ altra. Tutto qui. Io conosco fin troppo bene l’amarezza del compromesso che è la « coppia » omosessuale (e immagino ancor di più la « coppia omosessuale cattolica »), l’insoddisfazione della « scelta » della soluzione detta « di facilità », più devastante ancora dell’asprezza della continenza. Ma capisco anche le « coppie » omosessuali cattoliche praticanti, il loro « coraggio » (della contraddizione), le motivazioni del loro impegno. Hanno così poca scelta! (tranne quello di mettersi in « coppia » e non obbedire al 100% alla Chiesa). Capisco che l’esigenza di vivere come fratelli appaia agli occhi di qualcuno come un artificio, un’ipocrisia, una prova insormontabile, una eccezione inaccessibile, un’irrealtà, di fronte a una persona che si ama, ovviamente, molto più di amico. La scelta del « corretto » o del « possibile » o dell’ « adeguato » o del « male minore », al posto del meglio, non merita la più grande delle colpe … anche se, negli atti omosessuali in sé stessi, la Chiesa parla di « peccato intrinsecamente disordinato », che compromette gravemente la Salvezza dell’anima. Una relazione omosessuale umana non può essere appiattita sull’atto omosessuale né ridotta a quest’atto, anche se l’atto la tinge innegabilmente di peccato o di santità.
In sintesi, faccio tanti auguri ad ogni persona che vive la prova di essere cattolico E omosessuale! Questa situazione è terribilmente disagevole e non consente molte prodezze. A dire il vero, di prodezze, io ne ho viste solo nella continenza … e tuttavia, questo resta ancora crocifiggente. E spero che la Chiesa ed il Papa si pronuncino su questa linea sottile tra la bellezza della « coppia » omosessuale cattolica e la bellezza della continenza! Si tratta di un vero e proprio vaso di Pandora. Se dovessi fare un parallelo eloquente, il caso di figura ibrida di condizioni e di situazioni relazionali ambigue costituita dalla « coppia » omosessuale credente praticante assomiglia ai paradossi offerti da adulteri o da divorzi « riusciti », da « fedeltà al matrimonio costi quel che costi », o anche da coppie uomo-donna solide e conviventi che non hanno né la cultura né l’ educazione del matrimonio religioso. Ci si trova di fronte ad una « coppia » cattolica equilibrata come di fronte ad una coppia divorziata e risposata di uno splendore innegabile, con i bambini adorabili nati dalla loro seconda unione. Stesso bel casino! Per fortuna esiste lo Spirito Santo per sbrogliare la matassa! Quindi non posso biasimare i preti che non sanno come prendere una posizione chiara sulla questione dell’omosessualità, per di più un ‘omosessualità migliorata da una qualche forma di spiritualità, di castità, di obbedienza, di rispetto, di amicizia, di fecondità e di Verità. La delicatezza, la prudenza o il silenzio dei preti riguardo alle « coppie » omosessuali, non sono sempre relativismo o tiepidezza compiacente o tradimento: a volte sono il segno della loro povertà di cuore, della loro umanità, di un’empatia tutta « cristica ». Come Gesù di fronte alla Samaritana, i preti danno un nome al peccato, dicono cosa stanno facendo le persone senza dare alcun giudizio e senza alcuna ingiunzione moraleggiante. La loro forza si limita ad una presenza amorevole e ad un invito: « Va ‘a chiamare tuo marito e torna […] Hai ragione a dire che non hai marito. Di mariti, tu ne hai avuti cinque,. e quello che hai ora non è tuo marito; in questo dici il vero » (Gv 4, 16-18); « Nemmeno io ti condanno. Va’ e non peccare più. » (Gv 8, 11)
8 – Quali sono i vantaggi dell’essere omosessuali e fedeli cattolici?
I pochi vantaggi – e sono già di per sé enormi e basterebbero a rendere felici!- che io vedo nell’essere omosessuali e cattolici è la libertà che questo dona, sono la bizzarria e lo shock culturale personificati che questo crea. Come potrebbe esistere, se non per miracolo, la conciliazione dell’ « impossibile » dal punto di vista sociale e sussistere in una sola persona viva ed unica e per di più felice e capace di assumere totalmente e la sua fede e la sua tendenza omosessuale? L’esistenza stessa del cattolico omosessuale è un paradosso, un’insolenza dentro e fuori della Chiesa, e la possibilità di uno stupore continuo. Certo, altri bei vantaggi dell’ ibrido fede / omosessualità – ibrido che la maggior parte dei nostri contemporanei vede come conflitto, opposizione, omofobia interiorizzata o irrealtà – sono l’incontro concreto e il sostegno ineguagliabile di Gesù e Maria nella condizione omosessuale. Questi sono gli scherzi e le sorprese incredibili riservate dallo Spirito Santo. Questi sono gli incontri rari, divertenti, folgoranti, solidi ed improbabili che permette l’omosessualità, realtà desiderante che fa eco a tutte le sofferenze proibite ed intime dell’umanità, che disinibisce e attrae molti degli emarginati e dei feriti della vita, riconcilia un sacco di gente con la Chiesa. Davvero, ho notato che essere omosessuali e cattolici ci apre la porta di quasi tutti i cuori. Comprese le persone che non vogliono darlo ai ministri della Chiesa ufficiale. E, infine, il grande vantaggio del binomio omosessualità / cattolicesimo, mi sembra sia l’umiltà. Perché la spina dell’omosessualità impedisce ad un dato momento a colui che proclama Dio in un modo iper-potente ed iper-originale di identificarsi in Lui e di auto-glorificarsi. Per la sua natura di paura e di ferita vergognosa e violenta, l’omosessualità equilibra necessariamente ed attenua l’euforia orgogliosa che il suo apostolato originale permette. « Le rivelazioni che ho ricevuto sono così eccezionali che, per impedirmi di sovrastimarmi, ho una spina nella carne, un inviato di Satana è lì per schiaffeggiarmi. » (2 Cor 12, 1-10) L’omosessualità è forte nel suo essere debole e al servizio della fede. Vissuta nella fede, essa contiene in sé il proprio potere e la propria morte.
9 – Che cosa nella fede cattolica accende/rinforza la tendenza omosessuale ?
C’è una spiegazione positiva a questa tendenza omosessuale cattolica (ho detto « spiegazione » e non « giustificazione »)!. E questa è la grandezza dell’amore di Dio. Un credente un po’ geloso di questa grandezza, troppo lusingato dal vedersi piacevolmente abbellito dalla bontà dei doni spirituali e umani che Dio gli ha offerto e dall’Amore che Dio ha per lui, è maggiormente tentato di colui che non conosce Dio di fondersi in Lui, di credersi narcisisticamente Gesù, di amare sé stesso e di amare i propri simili sessuati all’eccesso, e di essere quindi maggiormente tentato dall’omosessualità. E’ chiaro che non si tratta di fede vera, ma soltanto di un simulacro di fede, una fede traviata, che incoraggia il fascino omosessuale. E l’omosessualità non è provocata o creata dall’Amore di Dio, bensì è una possibilità della libertà (mal utilizzata e mal compresa dagli esseri umani) che questo Amore induce. Una certa pratica cattolica protestantizzata/islamizzata incentiva la trasgressione della differenza Creatore/creatura.
10 – Ti sei già innamorato di un cattolico? E di un prete?
Prima di scegliere la continenza, ammetto che tra il 2009 e il 2011, la mia ricerca di un amore omosessuale si dirigeva comprensibilmente in direzione di un alter ego: qualcuno con cui potessi condividere non solo il piacere fisico, ma anche la comunione con Dio. E di primo acchito, il seminarista o chi esce dall’anno di propedeutica o un prete sono un po’ l’incarnazione del principe azzurro agli occhi di un credente omosessuale cattolico. La perla rara che coniugherà fede e amore fedele. Alla fine, nella pratica, ci si accorge ben presto che la « coppia omosessuale cattolica » è bene che non si formi e che c’è una misteriosa incompatibilità tra pratica religiosa e la stessa pratica omosessuale « casta »: non possiamo rifiutare la differenza tra i sessi in amore, mentre ci stiamo dando totalmente alla Chiesa CHE E’ la differenza tra i sessi. E’ impossibile! Forse alcuni vi vedranno un certo sadismo da parte di Dio, sadismo corroborato dalla forza e dalla tenerezza di vere amicizie continenti che farebbero credere alla possibilità del superamento di sé stessi. Anzi, io personalmente comincio a cedere di fronte ad un un cattolico solo quando sono sicuro che possiamo essere fratelli e che continueremo a frequentarci restando fedeli alla continenza. In realtà, il mio principe azzurro, è la continenza. Se un altro fratello omosessuale cattolico desidera romperla con me, ecco che spunta subito la delusione, l’attrazione sparisce e ci rendiamo conto che così facendo avremmo rovinato tutto! Capisco perché Xavier Thévenot designa la continenza come la « Via Reale ». A chi dice che la continenza è la soluzione più facile, io rispondo: no, non è facile, ma è proprio per questo che è grande e da vivere! Quando si inizia a vivere la continenza spuntano anche le vere tentazioni (o le tentazioni vere!). Capita che quando si riesce a essere davvero continenti, improvvisamente, senza aver fatto nulla, le occasioni d’amore serie arrivano (con autentici omosessuali cattolici come te, che prima non uscivano mai allo scoperto: tu pensavi davvero di essere l’unico sulla terra !). Di fronte a questo, avremmo quasi voglia di rivolgerci a Gesù e chiedergli se lo fa apposta. Non c’è vera felicità senza la Croce, senza combattere. Così Dio ha voluto. Ha un sapore unico, intenso, amaro, insuperabile e divino, questa bellezza fraterna che appare solo nel limite fissato dalla Croce di Verità di Cristo.
11 – Si viene respinti dai preti a causa dell’omosessualità?
Si è in generale molto ben accolti perché ci sono preti sempre più preparati. Ma succede ancora troppo spesso che si viene respinti, purtroppo. O perché si cade su un prete rigido che o confonde verità e carità (mettendo la prima al di sopra o al posto della seconda) o confonde tendenza omosessuale con persona omosessuale. Oppure perché si incontra un prete vigliacco che tira fuori sistematicamente la carta « Vai dallo psicologo » per esonerarsi dall’ annunciare il Cristo. Oppure (quest’ultimo profilo equivale ai due precedenti, ed è il più comune oggi), perché ci imbattiamo in un sacerdote che ci accoglie fin troppo bene, che è troppo compiacente rispetto alla pratica omosessuale, che ci consiglia anche di « lasciar correre e « sdrammatizzare » e di trovarci un bel Marcantonio. Pur avendo una grande sete di Verità-Carità , molti dei miei amici omosessuali cattolici sono stati respinti da alcuni uomini di Chiesa per il fatto che questi ultimi volevano accoglierli fin troppo bene con un’ indifferenza gay friendly relativistica. Passavano quindi di confessionale in confessionale, e il loro malessere si accentuava al punto da splngerli a lasciare a volte in modo definitivo la Chiesa. Solo la Verità è sexy, cosa ci volete fare?
12 – Cosa dire in confessionale come persona omosessuale?
Non sta a me dirvelo. E’ lo Spirito Santo. E sta a voi chiedere a Gesù che vi faccia vedere in cosa l’avete ferito. Nel confessionale, è il peccato (= la nostra relazione con Dio) che deve uscire dalla vostra bocca; non soltanto gli sbagli (= la nostra coscienza di aver agito male) che voi avete commesso… anche se questi ultimi sono legati al peccato. Dopo, un doppio consiglio: andate a cercare un prete quando non avete niente da dirgli (questo porta di solito alle migliori confessioni; e lui vi aiuterà a fare luce, dato che lui è il medico delle anime che si trasforma in Gesù). E se poi avete un sacco di cose da dire, scrivete (perché no?) una lista, e non esistate a soffermarvi sulla descrizione di ciò che vi fa più soffrire e vi dà più vergogna perché è lì che si trova il grosso del vostro peccato… e dunque questo sarà un grosso peso in meno per voi lassù in purgatorio quando vi ritroverete davanti al vostro Libro di Vita. Insomma, sputate il rospo (dell’omosessualità, chiaro!) senza giri di parole: masturbazione, avventure omosessuali, tradimenti delle amicizie, siti di incontri, sesso occasionale, saune, Comunione Eucaristica ricevuta in stato di peccato, allontanamento dalla Chiesa, adulterio e inganno di vostra moglie, vita di «coppia omosessuale» caotica, ecc. I preti cattolici di oggi non soltanto non cadranno dalle nuvole e non vi troveranno volgari (ascoltano cose ben peggiori tutto il santo giorno!) ma di più, ci sono delle forti possibilità che per la confessione della vostra infamia gli facciate piacere : diranno a se stessi, grazie a voi, che non sono preti per niente ! E’ nel riconoscimento della vostra sporcizia e del vostro fango che voi purificate il vostro/loro cuore e il loro ministero! Incredibile, ma vero.
13 – La fede rende le famiglie più omofobe e più intransigenti?
Sì, purtroppo la fede servirà sempre – fino al ritorno di Cristo – da alibi alla violenza, al rifiuto, all’ipocrisia, alla stupidità di molti « cattolici » contemporanei (perfino il diavolo conosce forse la Bibbia a memoria ed era uno dei Dodici con Giuda); ciò non è per colpa della fede, nè di Gesù, né dell’insieme dei cattolici! Una fede vissuta veramente nell’umiltà e nell’obbedienza alla Chiesa può solltanto generare buoni cattolici e famiglie che si amano. Se i vostri genitori, cattolici praticanti regolari, si comportano male nei vostri confronti a causa della vostra omosessualità , non è dovuto al fatto che siano cattolici, se non al fatto che non sono veramente cattolici (nel cuore), o che voi non siete veri cattolici né tolleranti con quelli che credono. Ma il Signore e la sua Chiesa non c’entrano affatto con l’omofobia che voi potete aver conosciuto. E andare a manifestare contro il « matrimonio omosessuale », una legge obiettivamente ingiusta ed ignobile (v. la domanda n° 65) non soltanto non è una prova di disamore omofobo della vostra famiglia verso di voi, ma paradossalmente un bel segno di solidarietà.
E tengo a dire che, tra tutte le persone che hanno capito la mia testimonianza e sono al corrente della mia omosessualità, sono i cattolici quelli che mi hanno accolto meglio e che meno mi hanno giudicato (anche se, beninteso, tra i cattolici, le reazioni sono molto contrastanti e mutevoli, e l’accoglienza non è stata affatto ideale, anche ai tempi del « matrimonio per tutti »). Il mio bilancio nel complesso lusinghiero contraddice un po’ – ma non del tutto – la cattiva reputazione attribuita tradizionalmente ai cattolici, che sono molto meno « chiusi » di quelli che si spacciano come nostri amici e difensori dei « nostri diritti (omosessuali) » sotto pretesto di volere il nostro bene, ma che in realtà ignorano del tutto le sofferenze che noi sperimentiamo. L’intolleranza omofoba, lo constato ancora adesso, proviene soprattutto dai difensori atei gay friendly della pseudo- « identità omosessuale » e dello pseudo- « amore omosessuale » : ci richiudono in un’identità ed una sentimentalismo asessuato che non siamo noi e che non ci dà pienezza.
Nella mia propria esperienza, invece, non sono mai stato mal accolto a tu per tu da un prete (tutt’al contrario!), non mi hanno mai chiuso la porta del confessionale in faccia, nelle parrocchie, nei gruppi delle cappellanie universitarie, nelle classi delle scuole superiori cattoliche non mi hanno mai lanciato pomodori. Paure, sospetti ,colpi bassi e maldicenze, indifferenza, tradimenti, sì, talvolta. Ma mai attacchi frontali né linciaggi o minacce (come sono capaci molti dei miei fratelli omosessuali e la maggioranza delle persone che si dicono « etero »). E questo semplicemente perché argomentativamente, i cattolici non possono rivaleggiare con me sul terreno della conoscenza dell’omosessualità né con la continenza che mi è data di v ogni modo e da tutta l’eternità la Chiesa cattolica appartiene ed obbedisce a Dio-Amore, quindi, ad un dato momento la cattiveria dei suoi fedeli si ferma.
14 – La tua comunità ecclesiale ti ha respinto?
Sì. Nella mia parrocchia di nascita a Cholet (i parrocchiani mi hanno ignorato e certi mi hanno anche detto che io gli avevo fatto vergognare al momento delle mie prese di posizione contro il « matrimonio gay ». Sì, da parte degli ordini religiosi della mia città natale. Sì, in molte cappellanie universitarie (per esempio, mi sono fatto respingere senza un’apparente ragione dalla cappellania del mio quartiere parigino, dai due responsabili: un prete ed una religiosa in civile). Sì in quasi tutti gli istituti scolastici cattolici francesi. Sì in un movimento umanitario cattolico – di cui tacerò il nome – al quale avevo fatto richiesta di partire per l’estero. Sì nella mia parrocchia a Parigi (ho dovuto aspettare quattro anni perché mi proponessero di offrire la mia testimonianza). Sì da parte di molte comunità parrocchiali dappertutto in Francia e che in partenza mi avevano accolto con entusiasmo e che poi hanno cambiato idea. Sì dalla grandissima maggioranza dei preti e dei vescovi. Sì da quasi tutti i giornali cattolici, senza eccezione. Sì dal Vaticano. Sì, anche nei movimenti cattolici di accompagnamento delle persone omosessuali. Anche se, concretamente, nella sostanza come nella forma, nessuno ha gran che di cui accusarmi. L’ignoranza è la principale delle spiegazioni. La paura, la stupidità, l’orgoglio e la cattiveria le spiegazioni annesse. Non è buona cosa essere omosessuali nella Chiesa cattolica oggi, ve lo dico io. Anche se, beninteso, non c’è materia di scomunica e che ad un riscontro generale negativo si aggiungono migliaia di felici eccezioni, e che la Chiesa cattolica è guidata dallo Spirito Santo, sempre. Sono dunque in totale solidarietà con tutti i miei fratelli omosessuali che hanno sufficiente cuore e fede per restarvi nonostante tutto. E capisco quelli che se la svignano o che Gli disobbediscono, anche se non li giustifico e che sbagliano ad andarsene/a fare il male.
15 – Sei mai stato deluso dai preti sull’omosessualità?
Sì. Sono costantemente deluso. Ed è del tutto logico. Non porteranno la Croce dell’omosessualità al nostro posto. Ci sono solo Gesù e Maria che possono capirci… e talvolta – a singhiozzo, per atavismo della Grazia, e per intervento dello Spirito Santo – alcuni dei Loro ministri… In genere, di fronte all’omosessualità, i preti cattolici sono disarmati. Sanno teoricamente cosa chiederci (conoscono un minimo il Catechismo; alcuni si appoggiano anche sui miei scritti). Ma sono ben consci che ciò che essi propongono è in fase sperimentale, assomiglia di fatto ad un binario morto ed è il piatto amaro della continenza. Hanno il dovere di proporre un cammino fedele al Magistero e allo stesso tempo non se la sentono di chiedere ad una persona ciò che loro stessi non sempre vivono o che non vivono con facilità. Non se la sentono di indicare un cammino vocazionale che non sarà mai il loro… perché almeno loro sono preti. Dove indirizzare le persone omosessuali, se non verso la solitudine di un celibato che non sarà mai consacrato/ordinato o verso un matrimonio? Parlano di un tema (l’omosessualità) che non sempre riescono a capire (se non per sensibilità) e si rivolgono a persone che sanno di omosessualità molto più di loro. Non possono far altro che empatizzare. Non possono che proporre una strada che solo la persona omosessuale può imporre liberamente a sé stessa e che solo Dio può offrirgli: la Croce. Fantastico… Delusione in vista alla fine del cammino.
In più, noi persone omosessuali continenti siamo talmente poche tra i nostri gemelli di orientamento sessuale che Dio ci dà l’impressione di essere abbandonate a noi stesse, di essere soltanto noi stesse il nostro unico riferimento ed il nostro miglior aiuto. Non possiamo cercare sostegno da nessuna parte. Ed è normale. E’ la radicalità unica della Croce. E anche quando ci dicono: « Vai a chiedere consiglio al tuo padre spirituale, vai a cercare aiuto e consiglio da un prete quando ti senti nell’occhio del ciclone », mi rendo conto di essere quasi il loro solo ed unico esempio di riuscita di continenza omosessuale, che tutto quello che sanno sull’omosessualità sono soprattutto io ad averglielo insegnato. Quindi? A chi rivolgermi quando la crisi interiore è in fase acuta? Dispiace dovervelo dire, ma il nostro unico sollievo in questo genere di situazioni non potrà arrivarci dai preti, né dagli Uomini, ma solo e principalmente da Gesù e da noi stessi. « Sì, sono un soffio i figli di Adamo, una menzogna tutti gli uomini, insieme, sulla bilancia, sono meno di un soffio » (Salmo 61,10). E’ l’isolamento e l’unicità della Croce che implica questo. Che volete che vi dica? C’è solo Gesù che porta la nostra Croce insieme a noi (ed in più Lui non sa dove posare il capo). Nessun altro. Non contiamo sugli uomini.
Una volta detto questo, la coscienza del nostro isolamento dovrebbe condurci al suicidio oppure ad una profonda depressione. Perché davvero, noi, persone omosessuali, non siamo aiutate. Nonostante tutto però abbiamo un aiuto unico – quello di Maria e di Gesù – ed è il migliore. Chiediamo a Gesù consolazioni. Lui ce le dà! Soprattutto se Gliele chiediamo davanti alla sua Croce. Ritardo della risposta in caso di tentazione omosessuale? Al massimo due giorni. Ma di solito arriva subito!
Non più tardi di ieri, non me la stavo passando molto bene. Era la serata del mio compleanno (peraltro riuscita), avevo incontrato per caso un ragazzo della mia età che mi era piaciuto. E come di solito mi succede per circa 48 ore, questa tentazione amorosa mi buttò giù, mi immerse in questioni esistenziali e amorose dolorose, che mi sembravano lì per lì insormontabili. Non avendo voglia di parlare o di sfogarmi scrivendo su Internet (questo è di solito l’effetto che fanno i « sentimenti amorosi omosessuali » su di me), non aveva senso restare chiuso in casa. E siccome non ero ancora andato alla messa della domenica, decisi, pur non essendo mia abitudine, di andare a piedi alla chiesa di Sant’Antonio da Padova, su viale Lefebvre (15* distretto di Parigi), anche se è lontano da dove abito. Il perché l’ho capito dopo: era un invito di Sant’Antonio in persona.
Sulla strada incrociai almeno quattro diverse coppie uomo-donna che si baciavano appassionatamente sotto i miei occhi. Quasi per mettermi alla prova. Per di più, stavo ruminando una vendetta segreta contro l’invito di una giornalista di Radio Notre Dame che mi aveva contattato quella mattina, invito che trovavo insolente, dopo tutto quello che questa radio pseudo – « cattolica » mi aveva fatto, dopo aver per anni trattato in modo disastroso il tema dell’omosessualità.
Arrivai davanti alla statua di sant’Antonio da Padova, all’interno della chiesa che porta il suo nome, con il cuore a pezzi, pieno di ribellione, di tristezza, di lacrime. Mi misi in ginocchio davanti a lui, stando dignitosamente eretto, supplicando la sua pietà, senza finzioni, senza la forza di dire alcunché. Solo per stare lì e perché ero stufo. Perché mi fai questo Signore? Perché devo restare single se mi fa tanto soffrire? Per la bella faccia di una promessa pubblica? Per obbedire in modo scolastico ad una morale cattolica sull’omosessualità della quale nessuno – nemmeno i preti e il Papa – è molto sicuro?
Mi accontentai di chiedere una sola cosa a sant’Antonio e a Gesù: consolatemi! Fissai il mio sguardo – come non mai – sul volto sorridente del santo. Il giglio della verginità spiccava nella sua mano. E improvvisamente dalla statua sentii provenire una frase: « Bisogna soffrire. » Non la udii chiaramente come fosse una voce umana. Non ebbi neppure una visione. Ma la frase continuava a risuonarmi in testa. « E’ vero, mi sono detto, né Amore né Salvezza senza soffrire. E’ questa la Verità insopportabile che il diavolo non ha accettato. E’ questo l’assenso più intollerabile per tutti quelli che non capiscono i cattolici e che sognano una fede comoda. Vogliono amare senza soffrire. Vogliono essere salvati senza passare attraverso la Croce. Ma è impossibile. Bisogna soffrire per essere salvati. E la sofferenza che io vivo è un obbligo se voglio amare ed essere salvato. » Detto così sembra facile, ma se i preti nelle loro omelie o in confessionale ci annunciassero più spesso la necessità della sofferenza (« Non so se lo sapete, non so se ne siete al corrente, ma dovete soffrire. Altrimenti non amerete e non sarete salvati. »), noi ci colpevolizzeremmo e soffriremmo molto meno, senza essere costretti ad arrivarci da soli e percependo la sofferenza come qualcosa di anormale! Non soltanto soffrire è « normale », ma il contrario (non voler soffrire mai) è inquietante.
Poco dopo iniziò la messa delle 18,00. Tutto quello che mi passava per la mente non aveva niente a che vedere con i testi del giorno (At 7, 55-60 ; Sal 96, 1-9 ; Ap 22, 12-20 ; Gv 17, 20-26) mentre il canto d’ingresso e il canto finale erano dedicati allo Spirito santo: cominciava bene! Avevo chiesto delle consolazioni : le avevo avute! Per prima cosa, il Signore mi viziò: c’erano solo canti che potevo abbellire con la mia seconda voce. Il celebrante poi, era un sacerdote italiano giovane, molto gradevole alla vista. Ed era di una spontaneità e di una profondità stupende. A dire il vero, capita raramente di trovarsi davanti preti che sono anche dei bei tipi. In genere troviamo piuttosto dei fine serie, ragazzi maturi o bellezze ieratiche e fredde da Accademia Militare. E non basta essere giovani per essere belli,. Non basta neppure essere uomini per essere maschili e gentili. Né essere belli per saperci fare. Ma Dio ha voluto offrirmi questo prodigio: un prete bello, innocente, maschile, energico e semplice. In questo modo Gesù stava facendo uno sforzo per me, compiacendomi in modo sano. E non mi stupii che avesse preso le sembianze di padre Claudio. Lui si sceglie sempre le persone più belle, sia interiormente che esteriormente. Padre Claudio Avogadri fu la mia consolazione visiva (ah ah)! Io che piangevo interiormente per dover dare la mia bellezza e la mia età a Gesù nella verginità, rinunciando agli uomini sexy della mia generazione, avevo di fronte un altro regalo di Gesù: un uomo bello che non potevo desiderare, ma che come me aveva scelto il celibato ed era stato scelto da Dio per essere continente. Questo mi calmò e allo stesso tempo mi divertì.
Ma la cosa più stupefacente è ciò che mi capitò in seguito. Padre Claudio aveva cominciato la messa dicendo che la seconda lettura era l’ultimissima pagina della Bibbia e che grazie al suo contenuto ci avrebbe condotto alla consolazione e alla fedeltà: la Parusia che ci libererà dalle tentazioni e dai nostri sforzi è imminente! « Ecco, io vengo presto e ho con me il mio salario per rendere a ciascuno secondo le sue opere. » (Ap 22, 12) ; « Sì, vengo presto! » (Ap 22, 20). In poche parole, padre Claudio ci stava sostenendo come un allenatore benevolo e confortante : « Resistete, amici miei, anche se in questo momento state soffrendo! Vale la pena restare fedeli ancora per un po’ ! Perché Gesù sta per arrivare ! » Le letture della messa poi rimandavano alla purezza, nel sacrificio della nostra persona per Dio. « Il tempo è vicino. Il santo si santifichi ancora. Beati quelli che lavano le loro vesti nel sangue dell’Agnello ». Cadeva proprio tutto a pennello.
Intrigante fu anche l’omelia che padre Claudio fece in un francese quasi perfetto, e che rispondeva quasi parola per parola alla domanda che precedentemente avevo rivolto a Sant’Antonio. Come se il santo avesse comunicato la nostra conversazione privata al suo giovane prete, tutta la mia preghiera! Con franchezza il prete ci confessò sin da subito che sul testo del Vangelo (Gv 17, 20-26), molto incentrato sulla tematica dell’unità, non aveva praticamente niente da dire. E’ una preghiera del cuore. Cosa le si può aggiungere? Quale commento è possibile? Una preghiera non la si può sezionare. Essa va al di là di ogni commento. Parla da sé (anche io davanti a sant’Antonio e durante la mia giornata ero rimasto senza parole; e la mia recente tentazione omosessuale mi rendeva muto, incapace di scrivere). Incentrò poi la sua omelia non tanto sull’Unità – come avrebbe potuto suggerire di fare il bon ton, e come si affannano a fare in questo momento i moralizzatori cattolici-bobo (bobo = borghesi-bohémiens, radical-chic, ndt) che pontificano sull’ « unità dei cristiani » e su « la Misericordia » per non sentirsi ricordare la loro mancanza di coraggio nell’annunciare la Verità – ma sulla fedeltà a sé stessi. A priori non sono adepto del concetto di « fedeltà a sé stessi » perché spesso, nel nostro mondo, questo diventa una scusa per l’egoismo. Ma in bocca a questo prete, la fedeltà a sé stessi era talmente collegata a Gesù, alla nostra coscienza interiore (lo Spirito Santo), al martirio di santo Stefano (« Perché lui è rimasto fedele fino alla fine? In nome di cosa ?? » si chiedeva padre Claudio), che era esattamente ciò che io avevo bisogno di capire rispetto al mio impegno nella continenza omosessuale: « Quando sono fedele a me stesso, è a Gesù che sono fedele. Quando sono infedele a me stesso, sono infedele a Gesù. Quando sono tentato, è Gesù che lo è in me ». Padre Claudio ci stava richiamando vigorosamente a vivere in coerenza ed in fedeltà con ciò che noi sentivamo nella profondità della nostra anima, con ciò che noi avevamo deciso, per non subire il dolore della « frammentazione » e della tristezza della « perdita di noi stessi » in pratiche o in relazioni che non sono per noi. E la profondità della nostra Unità è Gesù.
Per ultimo, ci spiegò che era importante inchinarsi davanti ad una persona, perché era questo il vero amore (… io poco prima ero rimasto inginocchiato a lungo davanti a sant’Antonio). Ci evocò poi il vuoto dell’anima che si può sentire in certi momenti della nostra vita, anche quando fuori di noi il tempo è meraviglioso (… ed era proprio questo il sentimento paradossale che mi spezzava il cuore mentre venivo in chiesa in quella bella giornata di primavera).
All’uscita della messa, ho aspettato che non ci fosse nessuno per rimanere con padre Claudio, ringraziandolo (senza malintesi) di essere stato, senza saperlo, il Messaggero del mio scambio privato con sant’Antonio poco prima della messa e di avermi così tanto consolato. Credo che a lui abbia fatto piacere! Ed era vero, tra l’altro!
Adesso capite in che modo sono deludenti i preti e da quale prospettiva io li difendo! Riassumendo, se vi sentite omosessuali, non aspettatevi nulla dai preti. Ma aspettatevi tutto da Gesù, del quale essi si sono rivestiti. Alcuni sacerdoti sono la consolazione dell’omosessualità continente.
16 – Vivi male il fatto che la tua famiglia è andata a manifestare contro il « matrimonio gay »?
No. Ce l’ho invece con i membri della mia famiglia che non sono andati a protestare, anche se da un altro lato davvero li capisco! Les Manif Pour Tous (movimento di protesta contro il « matrimonio per tutti » in Francia prima dell’approvazione della legge, ndt) erano così omofobe (non nelle intenzioni, ma nei fatti) e così inconsciamente pro-matrimonio-per-tutti (per la loro difesa incosciente delle Unioni Civili e dell’eterosessualità) da essercene abbastanza per evitarle. Ogni persona omosessuale credente, durante le Manif pour tous, era presa tra due fuochi, divisa tra una profonda ribellione di fronte all’omofobia ben intenzionata ed ipocrita della maggior parte dei manifestanti (« Mio caro, se si va a manifestare, non è contro di te, tu lo sai, E’ per le conseguenze sui bambini » mentivano con sincerità i genitori; e il figlio omosessuale e i suoi amici a rispondergli: « Sperate davvero che vi creda?!? Questa legge passa in nome nostro, per noi persone omosessuali, è il nostro regalo personalizzato, il nostro riconoscimento sociale e materiale, detto altrimenti, il nostro amore, viene fatta passare per noi… e voi osate dirmi che l’omosessualità non ha niente a che vedere con questo?!? Tutto il carico di rivendicazione politica, legale, sociale, sentimentale ed identitaria di questa legge del ‘matrimonio per tutti’ si fonda sulla credenza nell’amore omosessuale e sulle persone omosessuali! Chi pensate di prendere in giro?!? » ) e l’omofobia obiettiva ma sottile della legge sul « matrimonio per tutti » in sé stessa (infatti dare sotto forma di contratto la differenza dei sessi a delle unioni che non la includono, è fare un regalo avariato/non adatto a cui si applaude mentre le si censura e del quale ci si serve per vendicarsi segretamente del matrimonio, è accordare un privilegio che non cambia niente per le situazioni di sofferenza e di insoddisfazione che esse vivono contretamente e quotidianamente).
Tutte le persone omosessuali credenti che hanno un minimo di buon senso hanno potuto ben presto rendersi conto che Gesù è stato messo da parte nelle Manifs; così come è stato tenuto in disparte il tema dell’omosessualità e le persone omossessuali, allo stesso modo! Queste ultime sono state quindi rifiutate nelle due dimensioni più intime e più importanti della loro persona. C’era quindi davvero di che prendersela a male! Anche dopo l’uragano e l’autosoddisfazione confortante della vittimizzazione, i manifestanti anti-matrimonio-gay, imbarazzati, osavano a malapena guardarle negli occhi. E’ la prova chiara che c’è stata sia omofobia che cattofobia. E da parte dei pro-matrimonio-per-tutti E da parte degli anti-matrimonio per tutti. Varrebbe la pena rompere la propria continenza e presentarsi adesso in pubblico davanti a tutti i cattolici pro-vita e fare una magistrale limonata ad un ragazzo davanti ai loro occhi!
L’esperienza della Manif Pour Tous è stato un trauma di una violenza incredibile non ancora riconosciuta, non tanto nella società civile quanto all’interno stesso della Chiesa cattolica. I cattolici, d’altronde, impiegheranno tempo a riconoscere la frattura interna che li divide a causa della Legge Taubira (legge sul « matrimonio per tutti » in Francia, ndt ; come la Legge Cirinnà). E’ per questo che rischiano molto di scontrarsi in futuro, ed a proposito di fraintendimenti apparentemente su « dettagli », perché su questo non c’è stato perdono.
17 – Le persone omosessuali sono sempre state ben accolte all’interno della Chiesa ?
Pubblicamente, per quel che ho potuto vedere io, le persone omosessuali non sono quasi mai state ben accolte (tranne che di nascosto). Perché dal momento in cui questa accoglienza diventa visibile, o compare il timore di interpretazioni strumentali oppure il compromesso con l’« amore omosessuale » e la compiacenza demagogica. La sola eccezione in questo momento mi sembra essere Papa Francesco, che non è demagogico, né compiacente né indifferente.
Per il resto, se ci mostrano in pubblico o siamo invitati, è spesso per una folgorazione temporanea e solo per rassicurare rispetto alla presunzione di omofobia, più che per ciò abbiamo da dire. Vedo i guai nei quali incorrono i preti e cattolici quando vengo invitato per una conferenza, soprattutto quando questa è pubblica. Invitarmi o è una moda passeggera o si trasforma in un vero e proprio Affare di Stato, anche all’interno delle parrocchie e delle cappellanie. Per esempio, all’inizio di giugno 2016, a Lille (città del nord della Francia), siccome una mia testimonianza sulla consolazione – legata all’omosessualità – era stata oggetto di un invito sulle reti sociali cattoliche, si scatenò una mini guerra civile nell’ambiente cattolico locale : paure, ricatti, minacce, scetticismo di alcuni preti, controllo degli organi della Pastorale della Salute e Pastorale della Famiglia, scandalo… Come se fossi un pericoloso criminale! Incredibile! Stavo quasi per annullare! Per fortuna, la conferenza c’è stata ed è andata bene, grazie soprattutto alla combattività ammirevole di alcuni degli organizzatori. Ma quante prove soltanto per essere stati accolti! E il peggio è che i bastoni tra le ruote su questo cammino di accoglienza delle persone omosessuali sono messi da quei cattolici che si proclamano nostri migliori amici… ma che nei fatti ci chiudono le porte della loro chiesa non appena apriamo la bocca per raccontare ciò che viviamo.
A discarico dei cattolici e per rendere a Cesare quel che è di Cesare, le persone omosessuali nella Chiesa cattolica sono un po’ meno mal accolte che altrove. Perché i cattolici sono maggiormente preparati all’ospitalità, a riconoscere la realtà della Croce in tutte le situazioni umane e a non giudicare le persone dai loro atti o dalle loro ferite. Ma anche loro devono ancora fare dei seri progressi per, da una parte, calmarsi sull’omosessualità (e tra questi soprattutto i cattolici che ci sostengono un po’ troppo calorosamente per essere onesti!) e, dall’altra per accogliere le persone omosessuali in Verità, a fortiori quelle che vivono ciò che la Chiesa richiede e che non fanno altro che trasmettere ciò che Essa dice.
Per contro, quello che è certo e molto rassicurante è che Gesù,Lui, ci ha sempre ben accolti e continua a farlo: quanto agli uomini di Chiesa che lo imitano, sono anch’essi perfetti come il loro Maestro. Il vero cattolico apre le braccia al diverso, allo smarrito, a chi non si ama o è rifiutato, al delinquente, al criminale, al ferito nella propria sessualità. E’ fedele nell’amicizia e non ha paura di quel che se ne dirà. Non considerà la Carità come una sottomissione o una corruzione. Ho incontrato un sacco di persone così nella Chiesa cattolica. Grazie a Dio!
18 – Esiste una pressione degli ambienti cattolici tradizionali sulle persone omosessuali?
Sì, l’ho toccato con mano. E per interposta persona per di più ! Ad esempio negli ostacoli che ha dovuto superare il ragazzo con il quale condivido l’appartamento: un tipo in gamba, cattolico, non omosessuale, molto semplice e che all’inizio ha dovuto soffrire a causa del suo entourage. Anche se non aveva alcun dubbio su di me, anche se ha una fidanzata ufficiale con la quale si prepara al matrimonio, ha dovuto in un primo tempo sopportare la cattiva reputazione di vivere « sotto lo stesso tetto di un omosessuale » da parte dei suoi amici e della sua famiglia. I pregiudizi consolidati che pesano sulle persone cattoliche di educazione tradizionale che vogliono incontrarci e condividere il nostro quotidiano dimostrano che ci vuole carattere e tanta perseveranza per non scoraggiarsi e per farsi carico socialmente del tema dell’omosessualità! Ciò vi può far immaginare gli atteggiamenti di rifiuto, di diffidenza, di paura, di indifferenza, di ipocrisia che noi, persone omosessuali, dobbiamo talvolta subire direttamente nella nostra parrocchia e nei circoli conservatori. Tanto più se la nostra omosessualità è pubblicamente conosciuta!
Discutendo spesso anche con cattolici tradizionalisti consapevoli e illuminati, abbastanza lucidi sulle intransigenze e sui vantaggi del loro ambiente sociale/religioso « orgogliosamente reazionario » e che si sono sensibilizzati a contatto con me sulle ricchezze dell’interpretazione universalista e cristica della cultura omosessuale, essi stessi concordano sulla « profonda omofobia da ignoranza » complessivamente osservabile nei loro simili tradizionalisti, senza che io abbia bisogno di insistere. Essi la trovano tanto più dannosa quanto più mi conoscono davvero e sanno quanto potremmo intenderci, quanto io sia più vicino ai tradizionalisti che ai progressisti, quante resistenze di persone della loro famiglia politico-religiosa si basano su qui pro quo idioti : « E’ ignoranza questa chiusura dei tradizionalisti riguardo all’omosessualità », mi assicurano. « E’ troppo stupida. Non ci sarebbe modo per farti ascoltare? »
Detto questo, tanto per rassicurare i cattolici tradizionalisti che mi ascoltano e mi rispettano, la pressione degli ambienti cattolici progressisti sulle persone omosessuali è più violenta ancora. Perché ci detestano credendo di amarci. E non se ne rendono nemmeno conto. L’ignoranza dei tradizionalisti è alla fine forse meno dura da spezzare della passione amorosa così impetuosa e paradossale dell’attitudine fanatica gay friendly.
19 – I cattolici sono omofobi?
Penso di sì. Contrariamente a quanto avevo sostenuto durante la trasmissione Dieu merci! sulla catena televisiva Direct 8 nel maggio 2011 e durante la Manif pour tous (movimento di opposizione alla legge sul matrimonio per tutti in Francia, ndt) nel 2012 – e lo feci per demagogia, per rassicurare i miei compagni di fede e rassicurare me stesso – oggi devo constatare che i cattolici cadono puntualmente nella trappola dell’omofobia. La prova? Essi non possono sopportare di sentirne parlare, e si danno un sacco di arie non appena si imbattono in questa parola, che disprezzano senza aver mai cercato di conoscerne il significato, la sostanza, i meccanismi, le persone e gli atti che si nascondono dietro di essa. La intendono solo come un insulto o come il frutto di un’ideologia modernista infondata, costruita sul nulla dall’antifascismo libertario moraleggiante. Mentre l’omofobia, in concreto, è costituita da intenzioni e da fatti (insulti, vessazioni, rifiuti, omicidi, suicidi, stupri, atti genitali violenti o non violenti, stermini di massa, sistemi politici, ecc), omofobi sono sia gli aggressori che gli aggrediti (e spesso sono tutt’e due allo stesso tempo). Sì, la maggior parte dei cattolici sono omofobi. Come ogni essere umano, d’altronde, arriva – soprattutto quando non sta bene – ad avere paura di sé stesso e dei suoi simili, al punto da arrivare ad attaccarli / attaccare sé stesso, ed in particolare ad attaccare le persone omosessuali. Siamo tutti omofobi per la nostra comune umanità e per le nostre complicità ripetute con il peccato originale. E lo sono anch’io talvolta, Ed è scandaloso che l’omofobia (paura del simile + paura dell’omosessualità + attacco contro gli omosessuali + « identità » e pratica omosessuali) sia appannaggio dei cattolici, perché essi conoscono la Verità-Carità, e sono quindi ancora più tenuti ad obbedirLe astenendosi dall’abbandonarsi alla pratica omofoba.
Per la mia relativamente lunga esperienza nella Chiesa cattolica, vi posso assicurare che la diffusione dell’ l’omofobia è generale nelle parrocchie e tra il clero. Beninteso, mettere in evidenza questa forte tendenza non cancella per nulla le numerose eccezioni. Ci sono alcuni fedeli e alcuni preti che amano le persone omosessuali e ci accolgono nella Verità. Ma la paura dell’omosessualità è reale e molto diffusa ed ha la sua origine il più delle volte nell’ignoranza ed in un’angoscia legittima di fronte alla stranezza e al peccato, molto più che in una volontà calcolata di fare del male e di accogliere malamente le persone. I cattolici, nel loro insieme, fanno dell’omosessualità un tabù, un « non-problema », un pericolo ed anche, per relativismo « caritatevole », un amore di cui, soprattutto, non si dovrebbe mai parlare. Confondono persona omosessuale e atto omosessuale, o meglio, peccato e segno del peccato. Sono paralizzati anche soltanto dall’idea di pronunciare le parole « omosessuale » e « omofobia ». Questo desiderio di seppellire il tema dell’omosessualità è il primo stadio di quello che viene chiamato omofobia. E quando la paura non è affrontata né rischiarata alla luce amante del Vangelo, essa si trasforma molto in fretta in fastidio, in chiusura, in violenza, nel rifiuto della persone che questo termine proibito evoca.
Ho ascoltato dai miei stessi amici gay cattolici il racconto di linciaggi omofobi spettacolari ed inammissibili orchestrati da intere comunità cattoliche (anche dalle cosiddette « nuove comunità » e nuovi movimenti ecclesiali). Ho visto mettere in quarantena fedeli omosessuali sorpresi in flagrante delitto di adulterio omosessuale o di seduzione omosessuale, mentre prima della loro retrocessione, erano i beniamini della loro assemblea religiosa, della loro parrocchia, del loro gruppo di preghiera, della loro abbazia. Sono stati trasformati in appestati da cui allontanarsi, in prìncipi detronizzati e decaduti, in eroi declassati all’istante al rango di traditori o manipolatori pedofili (perché, sicuramente, molte buone famiglie cattoliche associano omosessualità a pedofilia), con una carica punitiva collettiva implacabile, degna di un branco di lupi, e spesso con quella sorta di isteria melliflua che « psicologizza », « patologizza » e « spiritualizza » a tutti i costi (« Noi ti escludiamo, specie di pervertito narcisistico ! Giuda Iscariota! E non tornare più! Sappi tuttavia, che continueremo a pregare per te! In tutta amicizia, eh! »).
Ho incontrato ragazzi eccezionali, gentili, pieni di talento, tutt’altro che perversi, perdere dalla notte al giorno tutti i loro galloni, venire abbandonati dalla maggior parte dei loro amici cattolici e del loro ambiente religioso, fino a quel momento caloroso, venir permanentemente esclusi dalla loro parrocchia o dalla loro abbazia, semplicemente perché la loro omosessualità praticata veniva scoperta e non coinvolgeva soltanto loro stessi (eh certo! Generalmente quando si è cattolici non si pratica la propria omosessualità da soli, né al di fuori dell’ambiente cattolico… ). Se non rientri nei canoni, se non pensi esattamente come noi, se non corrispondi alla immagine idealizzata che abbiamo di te, se hai deluso le aspettative di vocazione sacerdotale che abbiamo messo su di te, se passi all’atto omosessuale (tanto più che noi ti abbiamo lasciato in un posto di responsabilità occupando il quale hai invischiato un’altra persona come te, anche se consenziente) è finita, ragazzo mio! Restituiscici la nostra amicizia! Sarai messo più in basso della terra! Non c’è spazio per la Misericordia!
L’approccio parrocchiale e pastorale della colpa omosessuale è più che maldestro: il più delle volte è iper-violento e catastrofico. Non abbiamo più a che fare con una famiglia spirituale, ma con un tribunale di squali, con un sistema chiuso da quasi tutte le parti, che perseguita, che racchiude il peccatore nel suo peccato, che dà vita ad una specie di commissione di inchiesta contro di lui, che lo stigmatizza (e in più « per il suo bene », « per sicurezza », « per carità »).E pochissimi parrocchiani sono lì per tenderti la mano. La maggior parte dei cattolici in relazione all’omosessualità, si rifugia febbrilmente nelle torri d’avorio della « differenza sessuale », dell’ « eterosessualità », della « Famiglia », de « I bambini », concetti che sono diventati idoli.
La maggior parte delle comunità religiose cattoliche di fronte alla realtà della pratica e dell’attrazione omosessuali, entra nel panico più totale. Anche nel 2016! Scoprono uno dei loro membri ferito e peccatore omosessuale? Invece di sostenerlo, di affrontare il problema, di guarire, di confortare e di permettere una seconda possibilità, esse amputano. Escludono! Gettil bambino con l’acqua sporca! È una psicosi! Una lapidazione psicologico-spiritualista in pubblico! La caccia alll’uomo impuro! La trappola si chiude su di lui senza che abbia i mezzi per difendersi, perché è comunque stato colto oggettivamente in fallo. Addio al senso di colpa, alla perdita di fiducia in se stessi, alla ricostruzione, alla riconciliazione con Dio! Dovrà avere un sacco di humour e di forza d’animo per ricostruire, per continuare a credere nella Chiesa-istituzione dopo questo! Conosco più di un parrocchiano omosessuale, più di un monaco « spretato », più di un ex prete, che, frustrati dall’armata diocesana dal cuore arido e dai giudizi perentori, hanno definitivamente voltato le spalle alla Chiesa, per alla fine chiudersi in una « vita spirituale » privata ed in una vita omosessuale attiva, spesso distruttiva! Certe parrocchie portano un carico pesante e avranno dei conti da pagare Lassù! Ve lo dico io!
Per finire di rispondere alla domanda, credo fondamentalmente che oggi ci sia un problema persistente nel rapporto dei cattolici con il Cristo crocifisso. Molti lo vedono solo come un salvatore sofferente e amorevole, e non come il guru criminale, così come sembrò ai discepoli e al mondo prima, durante e subito dopo la sua crocifissione. Questa incomprensione del Mistero della Croce falsifica allora il loro rapporto misericordioso con i colpevoli del nostro tempo (in particolare con i colpevoli omosessuali) perché essi li dissociano dal Cristo. Ma Gesù ha accettato di apparire anche come i cattivi (per salvarli). « Dio si è fatto peccato per noi. » (2 Cor 5, 21) scrive san Paolo, parlando del curioso legame familiare tra Gesù e il Padre. La Croce, molto prima di essere il « segno di amore folle » che conosciamo, è in primo luogo un « WANTED » di tradimento e di criminalità che ci lascia proprio credere che Gesù (e / o il Padre) non ci avrebbe amato, anzi che ci avrebbe detestato! Io penso che dobbiamo averlo ben chiaro in testa ogni volta che ci troviamo di fronte ad un criminale o un uomo di cui disapproviamo la pratica (omosessuale). Fino alla sua morte, egli rimane un Gesù mascherato da cattivo, quindi un Uomo da amare e da servire come un maestro. Il nostro Papa Francesco, per esempio, lo ha capito perfettamente!
20 – Ha mai sperimentato episodi di rifiuto nella Chiesa a causa della sua omosessualità?
Sì. Iniziando con la diffidenza (spacciata per « prudenza »), la calunnia (spacciata per « consiglio »), il disprezzo (spacciato per « realismo »), il rifiuto (spacciato per « strategia »). E questo rifiuto mi è sempre stato presentato come un bene per evitare che mi facessi del male. Vuoi partire come volontario in un’ ONG ecclesiale? Vuoi andare in seminario? Vuoi parlare pubblicamente di omosessualità? Te lo dico in tutta amicizia (e prego anche per te !!!) , non ne vale la pena. E sappi anche che io non sono omofobo (per inciso, il mio testimone di nozze era omosessuale), ed è per il tuo bene. Questo per evitarti un disagio con la gente del posto, un sacerdozio infelice, una pericolosa divinizzazione da star, una trappola narcisistica nella quale sei già caduto osando affermare che sei omosessuale! Per non parlare degli insulti di alcuni cattolici che mi vedono come attivista LGBT nascosto, perché non mi piace abbaiare come loro alle parole « Gender », « GPA », « lobby », « media » e perché rivelo l’omofobia reale della Manif Pour Tous. Inoltre, ho il cattivo gusto di proclamarmi cattolico e tendenzialmente di sinistra. Mi dicono che « essere di sinistra » non significa nulla. Che parlare dell’importanza dell’ omosessualità è un delirio monomaniacale da intellettuale in ricerca di notorietà. E che l’uso della parola « omofobia » incolpa me per primo direttamente, mi discredita e mi mette dalla stessa parte dei cattivi libertari LGBT e dei complottisti paranoici. Mi chiedete di rispondervi, io vi rispondo. E ancora, ho sofferto questo rifiuto pur non essendo fautore di una « identità omosessuale » o de « l’amore omosessuale » o dei « diritti legali degli omosessuali », tutt’al contrario. Quindi non posso nemmeno immaginare l’accoglienza « cattolica » ancor peggiore che trovano i miei fratelli omosessuali che non agiscono e non pensano bene, che rientrano ancora meno di me negli stereotipi della Chiesa, e che offrono ai loro accusatori contraddizioni oggettive!
21 – A quali sacramenti ho accesso come persona omosessuale?
Come persone omosessuale in teoria, si ha diritto ai (o il dovere dei) sette sacramenti della Chiesa Cattolica: il Battesimo, l’Eucaristia, la Confermazione, la Riconciliazione, il Matrimonio, l’ Unzione dei Malati, l’Ordine. Unico inconveniente: non sarà possibile riceverli tutti perché tra il Matrimonio e l’Ordine, si dovrà scegliere uno dei due. Ma avere una tendenza omosessuale non impedisce assolutamente a Dio di elargire le sue Grazie, né ad una persona di riceverLe. La continenza (o la castità nel caso del matrimonio) apre a tutti i Sacramenti. Soltanto il peccato e gli atti cattivi gravi ci separano da Dio. In altre parole, solo l’adulterio e la pratica « coniugale » omo o etero (vita fuori del matrimonio o della continenza) sono un ostacolo radicale alla ricezione dell’Eucaristia, del Matrimonio, dell’Ordine, e un freno parziale alla ricezione del Battesimo, della Riconciliazione, della Cresima e dell’Unzione dei Malati. Sembrerebbe logico: se non si vuole rimanere nell’obbedienza alla Chiesa riguardo all’omosessualità, a cosa serve reclamare il battesimo come se fosse dovuto e crearsi il proprio angolo religioso a propria misura? Non serve a niente. Anche i sacramenti (Battesimo, Cresima, Riconciliazione, Unzione degli Infermi) che non richiedono un dono e un impegno totale di sé sono una prefigurazione dei sacramenti (Eucaristia, Matrimonio, Ordine) che li richiedono.
Per esempio, resto stupito quando una persona che pratica l’omosessualità chiede il Battesimo (per sé o per « suo » figlio, cresciuto da lei e dal suo partner dello stesso sesso), continuando a restare in « coppia ». La trovo un’incoerenza. La grazia del battesimo non potrà essere da lei pienamente accolta. Allo stesso modo, mi sembra inammissibile che « coppie » omosessuali, durante la Messa, si mettano in fila per la Comunione, con non-chalance, come se fossero alla Prima Comunione, ed il sacerdote, che spesso conosce perfettamente il loro stato di vita, chiuda e gli occhi e permetta loro di mangiare il Corpo di Cristo. Sia gli uni che gli altri dovranno rispondere al Tribunale di Lassù. Certo, se si dovesse essere senza peccato per andare alla comunione, nessuno ci andrebbe! Ma c’è un minimo al di sotto del quale non si può scendere. E le situazioni di adulterio sono abbastanza gravi per le persone che lo vivono (divorziati risposati, convivenza, coppie omosessuali anche « fedeli », inganno e violazione del sacramento del matrimonio, matrimoni inautentici, dissolutezza morale, infedeltà …), da non poter essere ritenute degne di ricevere il Gesù che di fatto rifiutano nella loro vita quotidiana. Non si può da una parte espellere la differenza tra i sessi in « amore » e poi far finta di riceverla per mezzo di Gesù Amore Eucaristico. Dobbiamo essere rispettosi di chi è Cristo, che è l’incarnazione della differenza sessuale, invece di considerarlo come un « diritto » o una proiezione spirituale e sentimentale!
Per quanto riguarda il Sacramento del Perdono, anche in questo caso non può essere dato se la persona non è battezzata, e soprattutto se non è disposto a riconoscere la pratica omosessuale come peccato e a prendere la decisione di cambiare radicalmente vita. Diversamente, è una indulgenza parziale offerta ad un cuore chiuso. Il Sacramento non avrà grande effetto. Detto questo, anche se il Sacramento della Confessione non potrà essere amministrato, un semplice dialogo tra voi ed un prete può già produrre buon frutto e vi condurrà, nel lungo periodo, al vero sacramento: non è una partita persa e non è mai troppo tardi per convertirsi. La porta dei Sacramenti Cattolici è chiusa a chi pratica l’omosessualità, ma non bloccata. E fin tanto che non si è cambiato vita, si possono ricevere altre forme della presenza di Cristo, oltre all’Eucaristia e ai sacramenti: l’ascolto della Parola di Dio, la preghiera, la vita comunitaria e fraterna, gli atti di solidarietà e di servizio, ecc.
Non si perde la vita dell’Uomo, come quella del Cristiano, se non ci si può (ancora) comunicare o essere battezzati. Il dolore della separazione dai sacramenti può essere temporaneo se riusciamo a riprendere in mano la nostra vita: in fondo è solo causato da un orgoglio che non vuole dare alla Grazia i mezzi per essere sconfitto, e che si chiude, diventa indomabile. Più che chiedere a Dio e alla Chiesa che si ammorbidiscano e « si aprano » e « si adattino » ai nostri peccati, cerchiamo invece di renderci docili all’obbedienza e all’ascolto dei comandamenti della Chiesa per non peccare. Vedremo che anche se non riceveremo (ancora) il Pane intero dei sacramenti, ci potremo comunque già nutrire delle loro briciole, come la donna cananea del Vangelo. « Ed ecco una donna cananea, che veniva da quelle regioni, si mise a gridare: ‘Pietà di me, Signore, figlio di Davide. Mia figlia è crudelmente tormentata da un demonio’. Ma egli non le rivolse neppure una parola. Allora i discepoli gli si accostarono implorando: ‘Esaudiscila, vedi come ci grida dietro’. Egli rispose: ‘Non sono stato inviato che alle pecore perdute della casa di Israele’. Ma quella si avvicinò e si prostrò dinanzi a lui dicendo: ‘Signore, aiutami!’. Ed egli rispose: ‘Non è bene prendere il pane dei figli per gettarlo ai cagnolini’. ‘È vero, Signore, disse la donna, ma anche i cagnolini si cibano delle briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni’. Allora Gesù le replicò: ‘Donna, davvero grande è la tua fede! Ti sia fatto come desideri’. E da quell’istante sua figlia fu guarita. » (Mt 15 22-28). Nella Bibbia, ci sono sempre dei furbi che cercano di imbrogliare il Signore, o che fingono, per poter ricevere i benefici della sua Grazia. E siccome Lui è buono, in parte li soddisfa, pur non avvallando i loro atti , ricordando loro il dovere della conversione e della Croce, senza mai cedere sull’essenziale: l’obbedienza ai suoi comandamenti.
Nell’episodio della donna cananea, Gesù tratta con durezza chiamandoli « cani » coloro che non fanno parte del suo popolo eletto (gli Ebrei) e coloro che non Gli obbediscono. A prima vista può sembrare poco simpatico. Ma in realtà questo si adatta perfettamente a ciò che per esempio gli omosessuali dicono di sé stessi (si veda il simbolo « Cane » nel mio Dizionario dei Simboli Omosessuali). In realtà quindi non ci tradisce e nemmeno ci insulta. Sono i peccatori che si insultano da soli. Dice poi che Egli è venuto proprio per loro, e finisce per guarirli lo stesso. Quindi quelli che praticano l’omosessualità non si offendano, si armino di pazienza e non giochino agli esclusi dai sacramenti della Chiesa cattolica, perché non c’è nulla da offendersi. Se Gesù ce li raziona è prima di tutto perché ne abbiamo bisogno, e poi perché una « dieta » dei Suoi sacramenti ci permetterà di apprezzarli di più e di riconoscerli quando ne saremo un po’ più degni. Non ci si siede a tavola se non si è pronti, né a qualsiasi condizione. Questo è il minimo del rispetto che dobbiamo allo Chef!
Personalmente credo che il miglior aiuto e il più grande dono che Gesù ed i suoi sacerdoti possano offrire agli omosessuali ancora disobbedienti, è non concedere nulla e non dar loro l’accesso a tutti i Sacramenti, ed in particolare al boccone grande di Pane Vivo che il loro palato, il loro stomaco e il loro cuore non potrebbero ancora apprezzare/ onorare/accogliere/digerire. Non per sadismo, ma piuttosto perché non devono svendere ciò che potrà forse un giorno essere loro dato. Non si offre un banchetto ad una persona troppo affamata o obesa. A meno che non la si voglia uccidere! Il suo cuore si deve convertire poco a poco. Con dosi om(o)epatiche. Con briciole.
Recentemente, camminando per Parigi, mi sono imbattuto in un manifesto del Comune, che mi ha tanto divertito quanto lasciato interdetto, per quanto era incompatibile con lo spirito dei tempi, che promuove l’alimentazione forzata, l’ingordigia e l’umanizzazione degli animali molto più che l’astinenza e il razionamento volontario. « Se vi piacciono i volatili, non date loro da mangiare »! Mi azzardo a fare un parallelo con noi persone omosessuali. Se voi sacerdoti e fedeli cattolici ci volete davvero bene, non dateci cibo. Anche sacramentalmente. Come gli uccelli, più ce lo razionerete, tanto più ci amerete e ci preparerete al grande Banchetto Eterno. Amare non è dare sempre tutto. E’ di più, è dare anche la Croce.
22 – Devo parlare della mia tendenza omosessuale al confessore?
L’importante, secondo me, non è dirlo per forza o non dirlo per niente. In entrambi i casi, può essere un’esperienza magnifica come inutile/catastrofica. Sta a te discernere i pro e i contro del segreto o della rivelazione. Se decidi di parlare della tua tendenza, parlane bene (e dopo esserti sufficientemente informato circa l’omosessualità). In caso contrario, astieniti dal dirlo. Se hai deciso di mantenere il segreto, fallo bene, senza sceneggiate, senza tristezza, senza rancore, con la pace di Dio che ti permetterà di non far pagare il silenzio al tuo confessore né a te stesso. Altrimenti, parlane. E’ lo Spirito Santo che, quando lo invocherai, ti ispirerà su tutto quello che è meglio fare nel tuo caso.
23 – In confessione devo mettere la mia omosessualità nella lista dei miei peccati? Devo correre il rischio di parlarne al mio confessore?
Se senti che la notizia non sarà capita dal confessore (perché nemmeno tu ci vedi ben chiaro), se la tua coscienza ti dice che il tuo coming out non sarebbe che un piangersi addosso dal quale non deriverebbe alcun pentimento né alcuna umiltà da parte tua, che questo ti chiuderà delle porte (per la tua carriera, la tua vocazione, il tuo rapporto futuro con un prete che ti conosce troppo bene), se farlo ti ridurrà ad una caricatura che non sei, o molto più positivamente, se senti che la tendenza omosessuale non ti incatena ad una dipendenza o a pratiche omosessuali o ad una depressione insormontabile, se senti che l’omosessualità non ti porta a peccare, non c’è bisogno di dire nulla. Dio ha anche il diritto all’ esclusività di alcuni dei tuoi segreti. Resti tra te e Dio. E il confessionale non è il luogo in cui si deve necessariamente dire tutto, disfarsi di tutto, mostrare la totalità dei nostri segreti, sfogare il nostro stato d’animo. Se alcune realtà della nostra vita interiore o esteriore non sono coronate dal rimorso o dalla coscienza/dall’esistenza di un errore, o dalla coscienza / dall’esistenza di un peccato, se ne può parlare in uno scambio tra amici o dallo psicologo. Non in confessionale.
Tuttavia, se vedi che la tua tendenza omosessuale ti indebolisce e ti porta al peccato, puoi parlare e di questa tendenza (che non è di per sé un peccato, se non è seguita da atti; essa si riduce soltanto a un « segno di peccato », ad un’eredità del peccato originale) e soprattutto del peccato (atto cattivo + rottura volontaria con Dio) che questa ti ha spinto a commettere. Nella confessione, è il peccato ben prima della sua intenzione, del suo alibi, del suo impulso, che deve essere rivelato. L’intenzione o il desiderio al massimo aggrava o mitiga la gradualità del peccato. La sola tendenza omosessuale non è peccato perché non è una scelta. A mio avviso, essa deve essere rivelata solo quando è servita a peccare, o meglio nel caso più raro in cui essa è così tanto parte della vostra vita evangelizzatrice e relazionale che siete in qualche modo obbligati a farne menzione perché il sacerdote capisca i peccati di cui gli parlerete dopo, e per i quali l’omosessualità costituisce un contesto remoto ma non decisivo. E in questi casi, sì, la rivelazione della tua tendenza potrebbe essere messa sul tappeto, senza pertanto essere messa nella lista dei tuoi peccati. Il sacerdote non è stupido. Perché è Gesù. Sentirà le inflessioni della tua colpevolezza o della tua mancanza di senso di colpa.
Inoltre, al di fuori dell’ambito della confessione, dovresti sapere che un prete è spesso un grande amico e un confidente sicuro su cui si può fare affidamento. Non lo scandalizzerai citando l’omosessualità: il prete del ventunesimo secolo ne sente talmente di tutti i colori lungo la giornata che è immunizzato (in qualche caso persin troppo) dall’ indignazione e dal giudizio sulle persone! Se hai bisogno di un consiglio, di un chiarimento, o semplicemente hai un peso sul cuore, non esitare a rivelargli la tua omosessualità. Un buon prete resta muto come una tomba. E vedendo la fiducia che gli darai nel parlare con lui di « questo » (perché lui sa bene quanto costa pronunciare certe parole), il suo cuore di padre si scioglierà. Gli farai un piacere immenso quanto la tua gioia nell’essere ascoltato da lui su tema così tabù come l’omosessualità.
24 – Sono cattolico e omosessuale. E’ necessario che faccia il mio coming out con i miei amici non cattolici? E con i miei amici cattolici ? Hanno bisogno di sapere?
Non necessariamente. Se c’è una pratica omosessuale nascosta dietro il tuo coming out o un’intenzione di pratica omosessuale o l’inganno di una « identità omosessuale », mi sembra che non valga la pena farlo. Se al contrario al tuo coming out si accompagna una continenza vissuta e si intravede un apostolato per la Verità attraverso l’omosessualità non praticata, in questo caso dico che è un peccato stare zitti. Ma siccome generalmente il gusto per la continenza e la scoperta della potenza evangelizzatrice dell’analisi dell’omosessualità vengono camminando, col tempo e con molto lavoro, in qualsiasi caso il tuo coming out, tanto più se è omo-cattolico, non potrà essere fatto verosimilmente subito né in modo precipitoso. Per riuscire, necessita di un minimo di preghiera, di lutto (del sogno di vivere un giorno l’« amore » omosessuale), di resistenza, di provata pazienza, di desiderio omosessuale compreso, e di conseguenza domato.
Detto questo, non dico che nel tuo caso il cammino (verso il coming out) non possa essere fatto in fretta, tanto più che il terreno è stato già dissodato da altri e che l’approssimarsi degli Ultimi Tempi lascia intravvedere delle formazioni/conversioni accellerate di persone omosessuali grazie all’azione dello Spirito Santo. Viviamo in un’epoca fasta per questo. Quindi se c’è un desiderio san(t)o di offrire la tua omosessualità agli altri, al mondo e alla Chiesa, non trattenere troppo il tuo slancio. Parlane. Non bisogna sprecare i tesori. In più, la moda dei coming out gay è un po’ passata. Ha ceduto sfortunatamente il passo ad una non meno affliggente ingiunzione mondiale a ciò che si sarebbe, a ciò che si vorrebbe e soprattutto a ciò che non si sarebbe e a ciò che non si vorrebbe. Si veda in proposito la famosa moda bobo (bobo = borghese-bohémienne, ndt) dei vari #IoSono, #IoAmo, #IoVoglio, #IoSostengo, #IoHoAiutato, #IoNonSostengoIBlu, ecc. Che non sono altro in realtà che una confessione inconscia di assenza di personalità, di idee e di lotte. Allora il coming out omosessuale, quello bello, vero, utile, può diventare più forte, creando l’effetto sorpresa, tanto più se avrà una sua singolarità: coronato dalla fede, si intravvederà né come un coming out classico appreso da altri, né come un coming in (« sono etero », « sono un ex-gay », oppure « Non sono veramente omosessuale, sono un uomo/una donna/un figlio di Dio »), e nemmeno un anti-coming out perché l’omosessualità non sarà rinnegata, ma trattata per la prima volta come tema. Ad ogni modo, in qualunque epoca, il coming out della continenza cattolica omosessuale rimarrà sempre una bizzarria esplosiva ed avrà un successo non umano (perché resterà per molti incompreso e farà paura anche ai cattolici), ma divino. Dunque una ragione in più per osarlo. Ne vale la pena. E parlo per esperienza.
25 – Sono cresciuto in una famiglia cattolica, mi sono sposato in Chiesa, e sono attratto da persone dello stesso sesso. Cosa fare?
Spero che non me ne avrai se ti dico « Offri la tua omosessualità al tuo matrimonio, a tua moglie, ai tuoi figli e a Dio » (senza dire loro necessariamente tutto). Te lo propongo lo stesso, in qualità di celibe continente che potrebbe tranquillamente « lasciarsi andare » molto più di te perché apparentemente niente – nemmeno il matrimonio o il sacerdozio – mi trattiene. Tu hai ricevuto un sacramento indissolubile, quale è il matrimonio. Hai già forse trasmesso la vita a dei figli di cui sei responsabile e a cui devi amore eterno insieme alla loro madre (anche se non la ami più per davvero). Tutto questo costituisce già un motivo sufficiente per non imbarcarsi in avventure omosessuali con o senza futuro, magari tra le braccia di un amante duraturo! Contro quelli che ti sciorineranno il discorso edonista gay friendly del « male minore » (« Vivi la tua vita. Non devi rimanere ipocritamente con tua moglie a cui hai mentito fin dall’inizio e che hai creduto di amare. Non provi più niente per lei? Non insistere perché la tua vera natura salterà di nuovo fuori e sarà sempre peggio » oppure « Molto meglio che tu sia felice con un uomo – anche se è tardi e a costo di una separazione – che triste e insoddisfatto per tutta la vita con tua moglie! »), io ti confesso quasi con certezza: tu stai vivendo lo stesso l’amore della tua vita con tua moglie (non puoi ridurla alla « buona compagna » che non è, che non è stata e che non sarà mai) e non troverai mai il vero amore a fianco di una persona dello stesso sesso. Ti avrei confermato la cosa anche se fossi stato giovane, ateo e celibe. La fede cattolica, lo statuto di uomo sposato (e talvolta padre di famiglia), la qualità delle persone prese singolarmente, il contesto dell’incontro e dell’emotività omosessuale, le sensazioni e i sentimenti personali, la capacità di amare, la probabilità di innamorarsi di una persona dello stesso sesso sono dei falsi dibattiti. Devi far fronte piuttosto ai limiti obiettivi della pratica omosessuale, alle numerose insoddisfazioni della « coppia omosessuale », alle ragioni del risveglio lacerante della tua tendenza omosessuale, alle realtà della lotta spirituale che minacciano il matrimonio, più che correre dietro a facili soluzioni. Piuttosto, è chiamando con il loro nome le tue pulsioni, le tue fantasie, le tue illusioni amorose che ne disattiverai il potere e rivalorizzerai il tuo matrimonio. Studia in modo sano la tua omosessualità invece di praticarla per negarla meglio. Sarai allora davvero libero. Ed il tuo cielo cupo tornerà sereno con la stessa velocità con cui si era annuvolato.
Ho incontrato un buon numero di uomini sposati e di donne sposate con persone del sesso complementare che, malgrado la persistenza della loro tendenza omosessuale nel tempo, vivono lo stesso molto sereni la loro lotta per il/nel matrimonio e hanno raggiunto un equilibrio del tutto soddisfacente e duraturo. Mettere insieme il proprio matrimonio cristiano con l’omosessualità è in tutto e per tutto possibile e con la garanzia di una riuscita più grande di quel che si dica. Può essere l’occasione per gli sposi di condividere insieme il superamento della paura intima che li unisce. Essere omosessuale e sposato non è né un’asfissia né un’insopportabile tortura quotidiana. Spesso basta smettere di alimentarsi all’immaginario del porno e dei film pro-gay all’acqua di rosa e soprattutto essere più attenti all’altro (senza soffocarlo!).
E se questo vi può rassicurare, molte persone sposate non omosessuali, hanno anch’esse tentazioni feroci di adulterio. Non è solo appannaggio dell’omosessualità. E’ comune ad ogni lotta umana in favore della fedeltà nel matrimonio e in favore del Cristo. Quindi non focalizzare tutti i tuoi problemi e le tue frustrazioni sull’omosessualità. Questa non è che un sintomo di un malessere e di una paura più grande. Non lasciare che l’omosessualità rovini tutto o rimetta tutto in causa. Non lasciare che guidi la tua vita al tuo posto e che spenga la tua gioia!
Conosco degli uomini omosessuali sposati con una donna che, dopo aver vissuto un periodo di devianza omosessuale, hanno capito che non avrebbero trovato la loro felicità in questo tipo di relazioni e hanno avuto l’umiltà di tornare alla vita di famiglia di prima ritrovando la fedeltà con la propria moglie. Non si tratta di casi isolati. D’altro canto molte persone omosessuali hanno il coraggio sovrumano, soprattutto nel contesto permissivo e bisessuale di oggi, di restare fedeli alla propria moglie: tanto di cappello! Allo stesso modo molte donne, sposate con un uomo di cui conoscevano le tendenze omosessuali, hanno avuto ugualmente il coraggio della fiducia e della perseveranza. La nostra epoca assiste ad un vero fiorire di eroismi post-moderni fino ad oggi inediti! Ed è grande… Anche se vivere al lato di una persona handicappata nella sessualità non sono rose tutti i giorni e lascia immaginare che questo faccia sperimentare forti angosce e sbatta in faccia le proprie debolezze ed impotenze. In ogni caso, l’omosessualità vissuta nel matrimonio fedele uomo-donna crea grandi santi di cui scopriremo tutto lo splendore di abnegazione e di pazienza nell’Aldilà. Essi conoscono fattivamente cosa la frase del Cristo significhi: « Chi vuol venire dietro a me, rinunci a sé stesso, prenda la sua croce e mi segua. » (Lc 9, 23)
CAPITOLO II – MINISTERO SACERDOTAL PRESSO PERSONE OMOSESSUALI :
26 – Quando parlo di omosessualità ai miei giovani non mi ascoltano e mi ridono dietro. Come faccio ad essere credibile come pastore della Chiesa Cattolica?
Se non abbiamo capito come «funzionano» i giovani, già partiamo male, soprattutto su un soggetto così appassionante come l’omosessualità. Gli adolescenti, soprattutto quelli di oggi, sono legati all’affettività (hanno bisogno di provare emozioni, di sentir parlare di sentimenti, di buone intenzioni, di sincerità, di benevolenza), all’Incarnazione (che si sia concreti, che si veda che il testimone vive quello che dice, che la persona direttamente coinvolta nella questione che affronta sia davanti a loro… altrimenti, non ci credono), all’ingiustizia (non sopportano di essere manipolati né che si manchi di rispetto a qualcuno: hanno un senso acuto dell’onore ma anche della giustizia), allo humour (questa è la ciliegina sulla torta). Senza questi quattro criteri, li perdiamo. Non potremo più trasmettere né l’Amore, né la Verità, né la Fede. Credete nella mia esperienza di professore. Penso di non dovervi insegnare nulla.
Con l’omosessualità non è dura. Se salterete la testimonianza della persona omosessuale e pensate di poterla rimpiazzare voi, non vi ascolteranno. E la cattiva reputazione sociale e mediatica di cui godono i preti attualmente, tanto più in materia di sessualità, non fa che rafforzare il mio timore. Per esempio, padre Philippe de Maistre, uno dei cappellani del liceo Stanislas a Parigi, ha capito il suo margine di manovra in relazione al soggetto: sa in cosa è competente, conosce i suoi limiti di uomo non omosessuale. Ha capito che sul terreno dell’omosessualità non poteva fare tutto da solo e che ad un certo punto c’era bisogno di persone omosessuali in carne ed ossa. Molti preti dovrebbero seguire il suo esempio ed invitarci.
Ora, dal punto di vista del contenuto, se voi vi fermate ad un discorso natalista anti-matrimonio gay totalmente paranoico e fate la caricatura del con termini che i giovani non possono capire (perché bisogna saperlo, il loro vocabolario sentimentale e razionale tra di loro si limita a tre parole: omosessualità, eterosessualità, omofobia), resterete inascoltati. I bugiardi o gli ingenui, per tanto che stupidi e sgradevoli possano essere, non sopportano che gli si attribuisca delle intenzioni che non hanno, che si sia imprecisi nei loro riguardi e che gli si offra il nostro bagaglio di stupidaggini. E al momento con tutto ciò che è anti-Gender, con la Manif per tutti, con i movimenti per la Vita, e i numerosi sacerdoti che criticano la « lobby LGBT » siamo completamente fuori strada! Non hanno ancora capito che il Gender è l’omosessualità. Quindi vi lascio immaginare il loro livello di comprensione dell’omosessualità e dell’omofobia….
D’altra parte voi preti cattolici non utilizzate abbastanza la conoscenza che si ha ora degli atti omofobi e dell’omofobia (perché di solito voi disprezzate il termine), cosa totalmente assurda, ed è un peccato. Pertanto, il solo accenno agli atti omofobi, la cui violenza è grande e toglie il fiato e che potreste conoscere meglio se ve ne interessaste personalmente, sarebbe sufficiente ad impressionare i giovani, a suscitare la loro empatia, a dimostrare che voi sapete molto di omosessualità (mentre loro ed anche le associazioni anti-omofobia praticamente nulla!), a far loro vedere il vuoto della loro difesa gay friendly dell’omosessualità dettata dal pensiero unico mediatico, a far loro capire che voi vi preoccupate sul serio delle persone omosessuali, della loro sofferenza, al di là dei discorsi politicizzati e teorici sull’omosessualità. In più, quando i giovani vedranno un prete attaccare l’omofobia, voi sottrarrete davanti ai loro occhi il malloppo alla modernità! Voi non usate abbastanza il mio lavoro sull’omofobia né tutto quello che sapete sul carico di sofferenze e di violenze inimmaginabili delle persone omosessuali che voi incontrate. E’ per questo che vi si ride in faccia quando cercate di parlare di omosessualità. Di fatto non potete far altro che prendervela con voi stessi se non riuscite a farvi ascoltare da un gruppo di giovani. Perché gli strumenti li avete.
27 – Cosa dire in confessionale ad una persona omosessuale in cerca di consigli?
Prima di dire bisogna essere. Così sarete tranquilli e non dovrete lambiccarvi il cervello per sapere cosa dire. E se dovete prendere la parola per spiegare la posizione della Chiesa sull’omosessualità e dare dei consigli, lo Spirito Santo vi aiuterà. Fate delle domande, piuttosto che delle affermazioni. Cercate di essere gentili e restate in ascolto. Fate anche delle mosse audaci (un giorno, un prete mi ha raccontò che in confessione, davanti ad una persona omosessuale molto arrabbiata, forte delle mie testimonianze sugli abusi, aveva avuto la delicatezza e la fermezza di fargli una sola domanda – « Lei è stato violentato? » – la quale diede la stura, nel suo penitente, ad un fiume di lacrime liberatrici). Noi omosessuali siamo terra buona. Il trucco sul nostro viso si scioglie abbastanza in fretta.
Non vi insegno niente di nuovo dicendovi che quando annunciate la morte di Cristo e poi la sua Risurrezione (in noi), avete già fatto l’Essenziale. In cosa consiste concretamente questo? Relativamente alla « morteResurrezione », qui voi potete valorizzarci e dire la vostra gioia di incontrarci (senza darci l’impressione che giustifichiate la nostra situazione e la nostra pratica), domandarci di pregare per voi (a questo noi siamo molto sensibili!), dirci che la nostra vita è bella e possiamo diventare dei grandi santi nella Chiesa (perché noi lo dubitiamo, ma segretamente lo sogniamo!).
Il momento più delicato, ma che deve essere poco frequente talmente la decristianizzazione e l’ignoranza religiosa sui sacramenti cattolici è diffusa oggi, è quando voi dovrete dire che non darete l’assoluzione nel caso il penitente conviva o viva in coppia omosessuale e che deve sapere che non ha diritto al sacramento. (se non è il caso, non siete obbligati a dirglielo, gli resterà la buona impressione di una conversazione filiale profonda). Molte persone omosessuali possono a questo punto entrare in crisi profonda di fronte a questa realtà. Bisogna allora proporre loro una stupenda contropartita piena di amore e di verità per consolarle di questo limite.
Se i vi troverete infine obbligati ad esporre il pensiero della Chiesa sull’omosessualità, qui vi consiglio di essere ben ferrati per non dubitare in fondo al vostro cuore da una parte che la tendenza omosessuale sia una ferita ed una paura, e dall’altra che essa non sia un amore veritiero (perché l’amore vero è definito dall’accoglienza della differenza dei sessi) e che essa nasconde spesso un abuso, anche se è difficile da dimostrare. La vostra fede e la vostra obbedienza, in quel momento un po’ in balia dell’arbitrarietà, vi serviranno da timone per mantenere la rotta. Il confessionale non è certamente il luogo per uno scambio di idee, ciò nonostante un minimo è necessario. Bisogna enunciare bene il « Va e non peccare più » affinché l’Amore di Cristo sia completo. E dovrete sempre soffrire, come prete che si confronta con una persona omosessuale che sostiene tenacemente che « ama », che « non ha scelta » e che è « molto felice nella pratica della sua omosessualità », l’indefinito della frontiera tra l’atto e la « coppia » omosessuale (la Chiesa si è pronunciata chiaramente sugli atti omosessuali, ma non sulla loro relativa equivalenza con la « coppia » omosessuale, e nemmeno sul cosiddetto « amore omosessuale »), indefinito che non è facile da spiegare o da giustificare, ma al quale dovete in ogni caso afferrarvi, perché il tempo, la tenuta sulla durata, l’esperienza delle persone omosessuali, danno finalmente ragione alla Bibbia e alla Chiesa Cattolica.
28 – Posso inserire le persone omosessuali in una preghiera dei fedeli?
Non credo sia opportuno. A meno che prima non abbiate vissuto un lungo periodo comunitario di spiegazione delle parole e del concetto di omosessualità. A meno che sia una Messa che conclude un pellegrinaggio. A meno che la preghiera dei fedeli sia parte di un percorso di formazione nel quale l’omosessualità e le persone omosessuali abbiano davvero avuto il loro posto. A meno che (caso raro!) la preghiera dei fedeli sia letta da un omosessuale continente e ben conosciuto dai parrocchiani. Altrimenti , in casi diversi da questi, l’intenzione specifica riguardante l’omosessualità apparirà fuori luogo, lascerà credere che l’omosessualità sia giustificata e banalizzata e sarà oggetto di scandalo e di inutili fraintendimenti.
Tuttavia, posso ben capire come molte delle attuali classiche preghiere dei fedeli siano irritanti, perché contengono dei sottintesi non esplicitati, sanno di puritanesimo vile, di formula recitata a memoria ed impersonale, di eufemismo ipocrita, e di imitazione scolastica. Soprattutto quando si nomina l’omosessualità senza nominarla (esempio: « Signore, ti affidiamo coloro che soffrono nel loro corpo e nella loro anima »), si denuncia il matrimonio gay senza denunciarlo (esempio: « Ti preghiamo Signore, affinché gli esseri umani siano rispettati, dal concepimento alla morte naturale, e affinché le famiglie siano protette. »), si ripete la retorica dei partiti politici di destra che difendono un cristianesimo culturale piuttosto che la persona di Cristo (esempio ascoltato non più tardi di ieri in una parrocchia parigina: « Preghiamo per i governanti: sostengano i valori rispettosi dell’Umano, della vita, delle nostre radici culturali, a servizio dei più fragili e del bene comune. »), si dimostra anche una certa apertura caritatevole nei confronti degli omosessuali, consentendosi alcune fantasie tacitamente gay friendly (ad esempio: « Signore, in questo anno di misericordia, insegnaci a non giudicare le persone, ed ad accogliere i feriti nella sessualità con l’amore del tuo cuore. »).
Le preghiere universali rappresentano – almeno nelle messe in forma ordinaria – un riflesso reale dei nostri tempi. E siccome nel nostro tempo regna la confusione, lo smarrimento, la banalità, la metafora spiritualista, la demagogia politicante, l’impegnarsi per finta, la paura di annunciare la verità e l’uso delle parole della « neolingua » (« gay », « eterosessuale » e « » in primis) siamo finiti male. In Francia Senso comune (Sens Commun), Sentinelle in Piedi (Veilleurs), Ecologia Umana (Écologie Humaine) e Movimento per la vita sono andati in questa direzione e hanno fatto danni. Non è domani l’alba del giorno in cui sentiremo parlare di omosessualità nelle preghiere dei fedeli. Già solo citarla nell’omelia provoca un putiferio tale che i preti intrepidi che si sono arrischiati a farlo se lo ricordano ancora oggi…
29 – Come preti, dobbiamo essere rigidi o morbidi con una persona omosessuale ?
Questo dipende dal profilo psicologico e dallo spirito della persona omosessuale che accogliete. Vi consiglio di fare ciò che sapete già fare e che Santa Teresa di Lisieux metteva in pratica molto bene quando era maestra delle novizie nel suo convento del Carmelo: essere dolce con la persona che ha bisogno di essere consolata, valorizzata e che sarebbe schiacciata da troppo rigorismo; essere forti con la persona fragile e che ha bisogno della vostra fermezza, della vostra autorità e di una buona minaccia. La Verità annunciata senza Carità né humour è una catastrofe. La Carità annunciata senza Verità ugualmente. Sta a voi giocare di astuzia tra le due sponde.
Detto questo, riguardo all’omosessualità, le persone omosessuali oggi peccano molto di più per ignoranza, pigrizia, sentimentalismo, censura sociale ed eccesso di « Carità » degli altri nei loro confronti che per conoscenza della Verità e dei loro peccati. Cosìcché vale la pena, a mio avviso, di usare il metodo «bulldozer», per finire poi con la pomata ristoratrice. Ho ascoltato racconti di amici omosessuali che hanno cambiato radicalmente stile di vita e sono passati dalla promiscuità/masturbazione alla pratica religiosa ascetica e fedele grazie a dei preti che gli hanno detto papale papale in confidenza nel confessionale: « Ascolti, io apprezzo la sua fiducia e lei è infinitamente amato da Dio. Ma sappia che l’omosessualità praticata non mi piace per niente. Ma proprio per niente! ». Gli amici in questione, dapprima stupiti di essere scrollati come dei pruni, avevano bisogno di sentirsi dire questo (la radicalità della Croce), di conoscere il loro peccato e di realizzare che il loro comportamento sentimentale e sessuale dispiaceva molto a Dio.
Se si fossero imbattuti in un tipo molle, lassista, relativista, non quadrato che giocava sulla compassione e il silenzio per fingere una Carità che non è tale, sarebbero certamente ricascati nelle loro vecchie cattive abitudini. Sarebbero stati sicuramente vinti inconsciamente dalla tristezza del giovane ricco che non ha incontrato il Cristo e di chi non è stato preso sul serio. « La Verità vi farà liberi » (Gv 8,32). E in tema di omosessualità, in questo momento, è proprio la Verità ad essere in difetto. Come preti non dovete dubitare del fatto che l’omosessualità è cattiva (anche sotto forma di « coppia », di « spiritualità » o di tendenza non attuata) al punto che è in gioco la Salvezza eterna dell’anima che la pratica: dovete poi documentarvi sulla gravità dell’omosessualità se non ne siete ancora convinti (e molti dei vostri confratelli non lo sono affatto!). Non dovete dubitare che sono l’entusiasmo, la veemenza e il vigore che evangelizzano al meglio.
Il confessionale è anche il luogo dove si possono fare domande schiette, sempre con dolcezza e delicatezza. Per esempio, un giovane prete che conosco e che è allo stesso tempo zelante e dolce come un agnello, mi ha raccontato che, dopo la lettura dei miei libri, aveva osato chiedere ad un giovane omosessuale abbastanza aggressivo nei suoi confronti: « Lei è stato violentato? ». Il giovane è scoppiato in lacrime e ha sputato il rospo. State tranquilli, non vi azzardate troppo se fate domande sullo stupro ad una persona omosessuale in rivolta. Perché confermo: la sua reazione di odio è generalmente un’ammissione inconscia di violenze subite. E una domanda concreta come quella di questo prete non ferisce nessuno. Non fa altro che sondare un retroterra molto probabile.
30 – Si deve trattare la questione dell’omosessualità in modo pratico come nel caso di quelli che, ad eccezione dei catecumeni, non hanno ancora accesso alla comunione? Divorziati risposati, conviventi, ecc.
Sì, proprio così. Come ho meglio illustrato nella domanda n°157, i due « stati di vita » – del divorzio e dell’omosessualità -, peraltro molto diversi presi separatamente, si rassomigliano nella modalità della loro risoluzione santa, in altri termini nella scelta libera del celibato continente. L’omosessualità praticata, più ancora che per sé stessa, è un peccato di adulterio, come il secondo matrimonio dopo il divorzio o come tutte le forme di sessualità adulta al di fuori del matrimonio tradizionale fedele e del celibato consacrato fedele.
31 – C’è bisogno di una pastorale specifica per le persone omosessuali? Non si rischia di stimatizzarle in anticipo? La metto in atto nella mia parrocchia? La annuncio pubblicamente? Chi potrei contattare?
La pastorale specifica è una questione tutt’altro che evidente perché va più in profondità che la semplice presunzione della giustificazione ecclesiale dell’identità o della pratica omosessuale. Si è già capito (ad eccezione di Frigide Barjot, Têtu, alcuni membri di Davide e Gionata e di Devenir Un En Christ e di, fors’anche, alcuni vescovi o cardinali suppostamente « progressisti ») che il Vaticano non giustificherebbe mai l’« identità omosessuale », né la pratica omosessuale, né l’esistenza di un « amore » omosessuale, né una Unione Civile, né le benedizioni delle unioni omosessuali. Si è capito che la Chiesa accoglierebbe le persone omosessuali ed esorterebbe a non giudicarle, ma, al contrario, a valorizzarle. I timori di tanti di noi non si concentrano più di tanto su questo, ma su altro: sulla possibilità di fare del desiderio omosessuale un criterio di Missione e di pastorale specifica; e direi di più: sulla possibilità che la ferita omosessuale sia riconosciuta ecclesialmente come luogo da cui possa emergere la Santità di Dio. Una follia!!! E’ QUESTO il vero soggetto dei nostri interrogativi interiori. Quale giusto spazio lasciare all’omosessualità nella Chiesa?
Dietro il progetto della creazione di una pastorale specifica destinata alle persone attirate sessualmente dalle persone dello stesso sesso si intravede una questione pratico-pratica profonda: il desiderio omosessuale può essere considerato come un criterio di classificazione degli esseri umani (anche nel caso in cui è vissuto nella continenza, ovvero nell’assenza di pratica omosessuale e nel rifiuto dell’identificazione di sé in una identità omosessuale, ma pur sempre nel riconoscimento di un desiderio erotico reale e spesso duraturo di per sé!); e se sì, merita davvero un inquadramento speciale (che sia una pastorale di accoglienza, oppure, per chi vede le cose in grande, la creazione, per le persone omosessuali continenti, di un ordine religioso o di una consacrazione specifica, dello stesso tipo della confraternita che aveva fondato padre Lataste destinata alle ex-prostitute e alle ex-detenute)?
SI’ categorico, rispondono i fans di una diversità e di una unità ecclesiale stile Gay Church, i sentimentali preoccupati di una integrazione esplicita e forzata delle persone omosessuali nella chiesa. Pur partendo da una buona intenzione, dimenticano che la vera Carità non esiste senza l’esigenza della Verità sul desiderio e sugli atti omosessuali.
NO categorico, rispondono quelli che, secondo me, mescolano orientamento sessuale e identità, oppure desiderio erotico e pratica di questo desiderio. « Non si può ridurre l’essere umano alla sua sola sessualità ». Se è pur vero che l’essere umano non si riduce alla sua genitalità, esso si riduce, in un tempo umano terreno, alla sua sessualità (« sessualità » da intendere come « differenza dei sessi », « sessuazione », e « rapporto al mondo e agli altri in quanto essere sessuato »). I nemici di una pastorale destinata alle persone omosessuali sono le stesse che dicono che il riconoscimento dell’esistenza del desiderio omosessuale darebbe a quest’ultimo troppa importanza, quasi lo giustificherebbe, « stigmatizzerebbe » le persone che lo provano, le « ghettizzerebbe » in un comunitarismo (l’« omofobia positiva » al pari del « razzismo positivo » e delle « discriminazioni positive »), si « essenzializzerebbe » sotto forma di specie (nel momento in cui pretendessero d’altro canto di lottare contro questa essenzializzazione e attribuissero la personificazione del desiderio omosessuale agli individui che o riconoscono l’esistenza del desiderio omosessuale, o lo cristallizzano in identità o in atto/amore, o battezzano una « lobby LGBT»). Niente di tutto questo, di fatto, nella creazione di una pastorale specifica o di una consacrazione specifica.
La questione della « pastorale orientata » merita un vero dibattito, perché anche nella sfera associativa cattolica che sostiene la continenza (si veda Courage International, il solo apostolato diretto alle persone con attrazione per lo stesso sesso ufficialmente sostenuto dalla Chiesa Cattolica), non andiamo d’accordo tra leaders. La maggioranza parla unicamente dell’orizzonte della « castità», termine bello, ma un po’ nebuloso, che dispenserebbe dal parlare di « continenza », considerata come un Everest delicato/impossibile da proporre pubblicamente (fa paura e non si vende facilmente), come una scelta accessibile solamente ad un’infima minoranza di persone omosessuali cattoliche che desiderano essere caste. Credo che non sia vero: la continenza è molto più accessibile e molto meno costosa di quanto la si presenta; essa è allo stesso tempo una parola che aiuta a vivere la vera castità perché dona a quest’ultima un’incarnazione ed una forma chiara; essa evita gli amori platonici e il dolore delle amicizie amorose… realtà che la parola « castità» mal esplicitata porta con sé.
A mio parere, nel rispondere alla sfida di una pastorale ecclesiale specifica per le persone omosessuali o per le persone toccate da vicino o da lontano dall’omosessualità, siamo messi in difficoltà da due zone grige che devono essere chiarificate:
– La prima è la mescolanza (ancora molto persistente, anche se appena nascente, in seno alla Chiesa) tra castità e continenza. Ora, per le persone durevolmente e terrenamente omosessuali, non viene proposta una qualsiasi forma di « castità» (perché la vera castità può essere vissuta anche in seno ad una coppia donna-uomo che si ama senza che rinunci a vivere la genitalità, in seno ad una amicizia donna-uomo destinata all’amore, in seno ad una famiglia); è giustamente proposta una castità ben specifica, speculare a quella che è richiesta ai celibi consacrati religiosi, e cioè l’amicizia disinteressata, l’assenza totale di attività genitale e sentimentale, e la continenza (una astinenza data a Gesù e agli altri, con il riconoscimento dell’esistenza del desiderio omosessuale). Inutile mentire a noi stessi, e nasconderci dietro il concetto religiosamente corretto di « castità» o di « carità ». Che lo si voglia o no, la castità per le persone durevolmente omosessuali ha una forma specifica (un po’ vincolante, è vero, perché è più ridotta e meno varia di quella per le persone attirate sessualmente dal sesso complementare); e questa forma si chiama continenza.
– La seconda zona grigia è essere soddisfatti della continenza e farne una vocazione ecclesiale. Ora, la continenza (proprio come il celibato senza un progetto di dono intero della propria persona alla persona amata), non è una vocazione al medesimo titolo del matrimonio d’amore tra un uomo ed una donna o del celibato consacrato religioso e/o sacerdotale. Non è una « terza via sacra » da mettere sullo stesso piano delle altre due. Non è neppure un parcheggio. Ma se essa vuole davvero restare evangelica, deve essere compresa come uno stadio transitorio, un ponte verso una delle due vocazioni ufficiali della Chiesa – il matrimonio o il celibato consacrato – che non si sostituirà a queste (grande prudenza è richiesta alle persone durevolmente omosessuali che fanno il passo della « continenza verso il matrimonio d’amore donna-uomo »; ancora più grande prudenza e discernimento sono chieste alle persone durevolmente omosessuali che fanno il passo della « continenza verso il celibato consacrato e verso il sacerdozio »). Un cammino dal quale non ci si allontanerà più e che allo stesso tempo tenderà formalmente e spiritualmente piuttosto verso le esigenze del celibato consacrato. Per le persone durevolmente omosessuali nella vita terrena, io credo nella continenza come una tappa (che onora il celibato consacrato e il matrimonio d’amore donna-uomo) che merita una consacrazione che non sia considerata alla stregua del celibato consacrato sacerdotale o del matrimonio d’amore donna-uomo, ma che, a causa della forza relativa del desiderio omosessuale possa esistere senza incorrere nel rischio di fare della continenza un rifugio che giustifichi il desiderio omosessuale. Nemmeno io, come persona continente, sono autorizzato a stabilizzarmi nel desiderio omosessuale sotto il pretesto dell’astinenza per Gesù. Non so come il mio desiderio sessuale evolverà, quindi non devo decidere come Gesù e gli altri possono/potranno guarire questa ferita desiderante che abita in me e non mi devo chiudere e poggiarmi sulla mia testimonianza di «persona omosessuale continente», tenendo al caldo il mio desiderio omosessuale rivestito di fede e di astinenza.
E’ una tentazione che esiste, lo riconosco: servirsi della continenza per, in fondo in fondo, non cercare di cambiare o per giustificare una paura della differenza dei sessi, o per sottrarmi al matrimonio o al sacerdozio e fargli ombra. Ma nell’attesa, il desiderio omosessuale esiste, continua a sempre a sommergermi per quel che riguarda le donne. E il desiderio di darmi totalmente alla Chiesa con tutto ciò che sono e tutto ciò che provo resta. Non è perchè non sono (ancora) chiamato al matrimonio o al sacerdozio che devo restare chiuso in casa e che non possa darmi interamente alla Chiesa, e che la Chiesa non potrebbe farsene nulla di me e non avrebbe niente di grande da propormi!
Noi dobbiamo darci una risposta sulle due questioni della pastorale specifica e della consacrazione specifica per le persone omosessuali nella Chiesa, non in una logica moralista allarmista (della serie « Bisogna prendere assolutamente posizione! Per sapere cosa rispondere, per non passare per dei fessi, per stoppare gli errori di interpretazione, gli eccessi e le divisioni che possono nascere nella Chiesa a causa del tema spinoso ed esplosivo dell’omosessualità! Per avere una parola chiara ed esigente, caritatevole, ma Vera! »), ma in una logica molto più positiva, uno slancio di Speranza, di entusiasmo, perché alla fine non perdiamo di vista che ci sono persone che provano un desiderio omosessuale che sono straordinarie e che costituiscono innegabilmente una ricchezza per la Chiesa, è la Salvezza di queste persone che è in gioco, e soprattutto c’è la posta in gioco collettiva per la Santità. Una omosessualità vissuta nell’obbedienza alla Chiesa crea dei grandi santi (è un prete cattolico, io credo omosessuale continente, che un giorno me l’ha detto). Perché noi, in quanto cattolici, dobbiamo sottolineare l’importanza dell’omosessualità nella Chiesa, senza mai giustificare il desiderio omosessuale, una pseudo « identità omosessuale » o un « amore omosessuale »? Perché, in certi casi, una volta trasformato dal Signore, il desiderio omosessuale diventa la pietra d’angolo mai scartata dai costruttori. Perché è un luogo da dove può germogliare una forza di Vita enorme, originale, divertente, incredibilmente efficace. Un po’ come un vaccino che contiene paradossalmente una dose di veleno. Come già scrivevo non molto tempo fa, non soltanto l’omosessualità non è un tema di poco conto, ma essa è l’attuale rifugio del diavolo a livello mondiale. Questo è il lato oscuro del problema. Ma il lato luminoso molto più positivo, è che l’omosessualità una volta smascherata e spiegata, vissuta nella continenza e data alla Chiesa e agli altri; e che il desiderio omosessuale può diventare uno dei più potenti propulsori di santità attraverso cui lo Spirito Santo (= la benzina di Dio) circola e si diffonde in tutto il mondo. Detto in altro modo. La ferita omosessuale, in qualità di falla, se attraversata dallo Spirito Santo e se donata interamente a Dio e alla sua Chiesa, può far trasparire in modo straordinario la Luce di Cristo, in un mondo pieno di tensioni e particolarmente stregato/lavorato dalla parola omosessualità e dalla pratica sensuale e genitale BISESSUALE.
Personalmente, io sono perché l’esistenza del desiderio omosessuale (che non giustifico mai, né sotto forma di identità né di amore, né di pratica e nemmeno di identità religiosa continente) sia un criterio specifico di classificazione delle persone (proprio come per i divorziati risposati), e dunque io sono in favore della creazione di una pastorale specifica rivolta alle persone omosessuali. Non possiamo, per il fatto che non siamo (e a ragione) d’accordo con l’esistenza del desiderio omosessuale, sostenere pertanto che quest’ultimo non esista, né avvalerci del fatto che, siccome le persone omosessuali sono prima di tutto uomo o donna E Figli di Dio, esse non abbiano bisogno di un accompagnamento specifico e non vivano un cammino particolare con questa zavorra desiderante. Sarebbe falso e significherebbe mal intendere il desiderio omosessuale, il quale, senza mai essere fondamentale, nondimeno è talvolta profondo e duraturo. Il desiderio omosessuale è una realtà desiderante che può condizionare fortemente l’identità e gli atti delle persone che lo sentono, anche se non si sostituisce mai all’identità fondamentale delle persone. Non può essere sempre spazzato via così… anche se, talvolta, è effettivamente « spazzato via così » dallo Spirito Santo, attraverso delle liberazioni spettacolari, grazie all’incontro con la persona dell’altro sesso che saprà liberare poco a poco la persona omosessuale dalla sua paura della differenza dei sessi. Credo, per aver studiato seriamente il radicamento del desiderio omosessuale in molte vite umane, per aver anche incrociato un certo numero di persone omosessuali che hanno vissuto delle « sessioni agape » liberanti ma non totalmente trasformanti in relazione alle tendenze omosessuali, che il desiderio omosessuale sia sovente (e dico « sovente » perché dipende dalle situazioni e dal grado di radicamento del desiderio omosessuale: lo spettro delle omosessualità è molto vasto!) un osso duro. In più le persone cattoliche, continenti o in un cammino di continenza, esistono. E’ una realtà umana di Chiesa, certo, in apparenza minoritaria (non chiedo affatto di ingrandirla, né che diventi un’ossessione ecclesiale ben lungi dall’esserlo), ma simbolicamente molto importante. C’è dietro queste persone con attrazioni per lo stesso sesso un forte impegno per la santità che ci coinvolge tutti. E dietro l’omosessualità c’è una grande sfida per la conversione dei cuori di un grande numero di persone non omosessuali, che si presentano sempre più come « etero gay friendly » e che tagliano i ponti con la Chiesa e con Gesù unicamente a causa della questione omosessuale e della loro cattiva comprensione del tema. La Chiesa quindi si gioca moltissimo con l’omosessualità. Più che fuggire il soggetto (ed i soggetti viventi omosessuali!) nella tiepidezza e nella paura, autopersuadendosi che non è poi così importante, credo che la Chiesa debba (ed Essa è una buona via) darsi concretamente un colpo di reni e proporre una pastorale specifica per le persone omosessuali. Se non lo fa, la questione continuerà a bruciarle tra le mani. Passerà accanto a tante persone omosessuali di qualità e accanto ad un potente strumento di Evangelizzazione, ad un grandissimo canale di Santità = l’omosessualità attraversata e trascesa dallo Spirito Santo. Dio detesta gli sprechi. E sa fare fuoco con ogni tipo di legna.
Anche se, sia ben chiaro, il criterio primo di una vocazione religiosa o dell’accoglienza di una persona umana, è la vocazione a seguire e a servire il Cristo, ciò non impedisce assolutamente che si aggiunga a questo primo criterio il contesto specifico nel quale Gesù chiama tutti. Ed è nostro dovere, in nome dell’Incarnazione del Cristo nella nostra Umanità sessuata e imperfetta, di tenere conto dei luoghi, degli avvenimenti, delle condizioni/condizionamenti terreni, delle realtà desideranti, nelle quali Gesù si inscrive. E di rispondere ai bisogni che esigono queste situazioni. Tramite una pastorale o più esplicitamente tramite la creazione di una consacrazione specifica (oblatura, diaconato), consacrazione che non soppianta la vocazione sacerdotale e non ne fa la parodia. E per evitare tale parodia, la creazione di una fraternità religiosa sarebbe l’ideale. Ma possiamo già iniziare ad avanzare a piccoli passi accogliendo positivamente la notizia della creazione (che di fatto è già stata suggerita sotto il pontificato di Benedetto XVI) di una pastorale specifica rivolta alle persone omosessuali. Fino a prova contraria noi, persone con attrazione per lo stesso sesso, non abbiamo la scabbia. E se anche l’avessimo, la Chiesa ci verrebbe incontro. Non frenatela!
Ed infine, per concludere e rispondere alla vostra domanda pratico-pratica di parroci in cura d’anime, ed in attesa di questa oblatura, vi rimando all’associazione Courage International, che vi aiuterà a non creare un gruppo di supporto sull’omosessualità che parta con il piede sbagliato.
32 – Dei militanti LGBT (Lesbo, Gay, Bi, Trans) attaccano la mia parrocchia accusandola di omofobia. Che fare?
Sembra una barzelletta o un dettaglio da poco, ma so quanto possa essere un problema serio. Conosco politici onesti che, a causa della loro opposizione al « matrimonio per tutti » hanno ancora in questo momento a loro carico un processo per omofobia, e come se niente fosse, siccome in Francia questa è considerata un crimine perseguibile penalmente, essa è riuscita a mettere in moto un procedimento e delle persecuzioni giudiziarie dalle conseguenze estremamente pesanti, tutt’altro che da ridere (minaccia alla loro carriera politica, pressioni finanziarie e psicologiche inimmaginabili, isolamento sociale, spionaggio, molestie…). Loro per primi si stupiscono della cappa di piombo che scende su di loro sulla base di una apparentemente innocua « presunzione di omofobia », che con il processo si gonfia, e che ha corrotto nel giro di pochi anni tutto il nostro sistema giuridico nazionale. Inoltre, non è un caso che in Francia il « matrimonio gay » è stato sostenuto dal Guardasigilli in persona: la signora Christiane Taubira!
L’accusa di omofobia pende anche sui sacerdoti che si rifiutano di piegarsi alle benedizioni e ai matrimoni religiosi omosessuali, o si rifiutano di somministrare determinati sacramenti. O anche perché si sono opposti al «matrimonio gay» quando era ancora soltanto un progetto di legge per il «matrimonio civile bis.» Oppure semplicemente perché sono preti e rappresentano un’istituzione religiosa odiata a causa del male degli atti omosessuali che questa (a ragione!) denuncia . Pertanto, è molto probabile che nei prossimi mesi o negli anni a venire, l’omofobia servirà da alibi per intentare un processo contro un prete o una parrocchia. In questo caso, vi consiglio di documentarvi seriamente sull’omofobia (la sua definizione, i suoi meccanismi, la distorsione del suo significato e l’uso corrente del termine: ne parlo anche nel mio codice « Omosessuale omofobo » nel mio Dizionario dei codici omosessuali e nel mio libro Omofobia in verità).
E soprattutto, non abbiate paura dell’omofobia. Essa può fare impressione a prima vista, ma si dimostra del tutto incosistente quando i fatti che la parola richiama sono identificati. E siccome tali fatti si identificano con il coming out e la pratica omosessuale, essa non potrà mai sopportare di essere smascherata fino in fondo, perché altrimenti finirebbe per incriminare le stesse persone che vi accusano! Basandosi anche sulla credenza infondata nell’ « identità omosessuale » o nell’ «amore omosessuale», quindi, su una fantasia e su un’intenzione, essa non può costituire di per sé un motivo di condanna di una comunità parrocchiale o di un ecclesiastico. Essa diventa pericolosa solo se si accompagna ad un atto grave (stupri, percosse, insulti, molestie, ecc). In caso contrario, è solo una lente di ingrandimento innocua, una circostanza aggravante, ma non fondante.
Per il momento diffidate degli appuntamenti che i gruppi omosessuali potrebbero prendere con voi, senza cadere nella paranoia complottista (anche se il contesto mondiale è quello che è…). Sono di solito in relazione con una denuncia, una petizione, una commissione d’inchiesta, che preannunciano una procedura nascosta di accusa di omofobia. Gli incontri informali, la semplice visita ad un prete, l’interesse gratuito per la parola sacerdotale, non sono cose che interessano alla casa LGBT … Se non ci sono telecamere presenti o un prete da far cadere in trappola e da strumentalizzare, le associazioni omosessuali non si fanno vedere nelle canoniche. Hanno troppo paura di sentirsi dire delle verità a cui non saprebbero come rispondere. La maggior parte di esse agisce in branco, vigliaccamente, a volto coperto o collettivamente, per posta raccomandata o con minaccia di un processo a distanza, e questo allo scopo di non sentir parlare dell’amore di Dio per ogni membro della loro delegazione.
Se questo, per qualche miracolo, vi capitasse, ricordatevi di una cosa sola: non offritegli una birra (vedi il codice 39 nel mio libro I bobos in verità (bobos sta per borghese-bohémien, ndt) , « Il catto-blogger (… e la sua birra)! »). Ve lo consiglio per davvero.
Al limite, invitateli a messa o ad una vera discussione. E se le condizioni per uno scambio di opinioni sereno non sono almeno per un minimo soddisfatte e definite in precedenza, se non c’è nessun chiaro desiderio di dialogo e di ascolto da parte degli attivisti pro-gay o si preannuncia una trappola criminale perversa, declinate l’offerta fin quando non saranno rispettate le regole del rispetto reciproco e della Verità. Inoltre, non c’è niente di meglio – per la qualità di un colloquio veritiero su un tema così intimo come l’omosessualità – di un’incontro interpersonale o in ogni caso in piccolo gruppo. Ma se siete un prete da battaglia (e ce ne sono!), con la coscienza a posto, una formazione completa in tema di omosessualità e di eterosessualità, divertente senza essere demagogico, con un buon mordente, avrete l’occasione d’oro di evangelizzare in poco tempo dei cuori feriti e proprio per questo sicuramente ricettivi. Nei dibattiti sull’omosessualità, o la va o la spacca. Ma la maggior parte delle volte, con l’aiuto di Dio e con la certezza interiore che l’ «amore omosessuale» non è amore, andrà tutto molto bene!
Ed infine, se l’incontro con la comunità omosessuale si svolge in una situazione più violenta e più pericolosa per la vostra vita del previsto (penso già a persecuzioni, incendi e danni ai vostri locali/chiese ed al vostro arresto-giudizio-esecuzione), in questo caso non sarò io a dirvi cosa fare. Questa sarà per voi l’ora della Gioia delle Nozze. Un ultimo suggerimento da offrirvi: non perdete di vista che le parole « omosessualità » e « cattolico » (soprattutto se associate) sono la chiave per i cuori, e sovente l’occasione di conversioni sorprendenti. Con queste, il « politically correct » è impossibile!
33 – Una « coppia » omosessuale vuole battezzare suo figlio. Devo accettare ?
Io penso di sì. In teoria, va da sé che non si possa privare un bambino – soprattutto un neonato – dell’identità di Figlio di Dio, dell’Amore del Padre e della Chiesa Cattolica, né fargli portare il peso di una situazione « coniugale » e « familiare » che lui non ha assolutamente scelto. Difficile è invece stabilire le modalità concrete della somministrazione/amministrazione del sacramento del battesimo. Nello stesso tempo, queste, più che essere problematiche, verificherebbero le vere motivazioni della « coppia » omosessuale di fronte al « loro » figlio, al sacramento e alla Chiesa.
Il fatto che il bambino sia presentato da una « coppia » omosessuale subirà (e lo deve!) necessariamente delle modifiche di forma (che sono dovute fatalmente al fondo peccaminoso della pratica omosessuale!). Per esempio, io credo che sia opportuno proporre una cerimonia discreta e non pubblica e non presentare – come avviene di solito in molte assemblee parrocchiali – l’evento pubblicamente alla comunità, per non dare a pensare che la Chiesa accetti la « coppia » omosessuale o l’« omogenitorialità ». E’ anche buona cosa informarsi sulle contraddizioni e sulle modifiche che impone di fatto la condizione « coniugale » omosessuale. Infatti, io conosco poche « coppie » omosessuali, con o senza bambini, che obbediscono per davvero alla Chiesa, che sono realmente desiderose di impegnarsi nella vita della loro chiesa e di assumersi il compito – se hanno un figlio – di accompagnarlo nell’educazione alla fede. Ed è logico. Come possono le unioni omosessuali inserire concretamente il « loro » figlio nella grande Famiglia dei cristiani, se rifiutano Dio Padre (e questo è particolarmente evidente per le « coppie » di donne) e se scimmiottano la vera famiglia di sangue? C’è una vera contraddizione nella pratica. Certi preti lassisti si arrischieranno forse. Ma questo pone per lo meno un problema morale, simbolico e teologico profondo.
Per ultimo, la posta in gioco spirituale, demonologica, escatologica, resurrezionale è sollevata dalla pratica omosessuale, ma allo stesso modo anche da tutti i battesimi dei bambini. Si riversa quindi su coloro che si dichiarano « genitori » nell’omosessualità. Per esempio, mi è stato raccontato recentemente che un giovane prete di provincia – che io personalmente ammiro per il coraggio e l’integrità – aveva accettato di battezzare un bambino cresciuto da una « coppia » dello stesso sesso, ma ponendo le sue condizioni: aveva choccato i due « padri » dicendo loro che, durante la cerimonia privata, non avrebbe loro fatto pronunciare il rito della rinuncia al male (« Rinunciate al peccato, per vivere nella libertà dei figli di Dio? Rinunciate alle seduzioni del male, per non lasciarvi dominare dal peccato? Rinunciate a Satana origine e causa di ogni peccato per seguire Cristo? »). Non è stato fatto loro ingoiare il boccone amaro. E meglio ancora, perché questo prete non ha rinunciato alla Verità, pur restando caritatevole.
34 – Mi si chiede di benedire un’unione omosessuale. Accetto ?
Al suo posto, io non accetterei. Per la semplice e buona ragione che la sua gerarchia le chiede esplicitamente di non farlo (è stato ordinato prete per obbedire), ma anche perché la frontiera tra atto omosessuale e persona omosessuale è resa molto sottile, confusa e non discernibile dalla realtà ambigua delle amicizie amorose e/o degli amori platonici omosessuali senza sessualità (ovvero, senza differenza dei sessi). Lei ha il dovere morale – ed anche sacerdotale – di non incoraggiare né di ufficializzare la pratica e/o le unioni omosessuali, fosse anche solo con un’imposizione delle mani individuale su ciascuno dei partners della « coppia » omosessuale o con una cerimonia di espressione di amicizia paterna, testimoni in questo i testi evangelici. E pazienza se questo può urtare o raffreddare il suo rapporto con qualche fedele regolare della sua parrocchia. La Verità non è popolare. E se lei La segue come La deve seguire, dovrebbe prendere su di sé il giogo della Sua impopolarità.
A proposito adesso dei preti più onesti tra di voi che non scimmiottano il matrimonio e che si rifiutano di giocare ai pastori « cool », ribelli, demagoghi, comprensivi e che « si distinguerebbero dalla massa dei preti rigidi e docili alla gerarchia vaticana », non vi direi niente di nuovo chiedendovi di raddoppiare la vigilanza nei confronti dei tentativi di recupero del vostro status di prete volti a giustificare l’« amore » omosessuale. Perché la pressione per presunta omofobia che peserà su quelli tra voi che non piegheranno alla richiesta di benedizione delle « coppie » omosessuali in questo momento va crescendo. E ciò che in partenza si poteva presentare come una gag (Coluche e Le Luron travestiti da sposi) o come una formalità amministrativa (un diritto civile) o una richiesta gentile,si trasforma sempre più in sentenza aggressiva (« Razza di preti diabolici che vi opponete all’Amore vero che viviamo!! Ad ogni modo, un giorno o l’altro, per amore o per forza, voi ci sposerete! Il vostro sacramento religioso è l’ultima cosa che ci manca per essere in totale uguaglianza con gli etero! E questo matrimonio appartiene più a noi che a voi! »).
Dovreste fare attenzione a non cadere nelle trappole che vi si tendono. Ho due precisi esempi da citarvi per dimostrarvi che le benedizioni delle « coppie » omosessuali sono la prossima castagna da levare dal fuoco che vi aspetta e che vi tenderanno una trappola ben più in fretta e più efficacemente di quanto possiate immaginare. Il primo caso è quello di un invito ad una festa tra amici che un giovane prete belga che ho incontrato « per caso » facendo autostop, ricevuto da uno dei suoi parrocchiani in « coppia » omosessuale. Aveva già un po’ fiutato quel che l’aspettava, quindi, non potendo fare l’affronto di rifiutare l’invito, ha avuto la prudenza di presentarsi in abiti civili, per evitare di apparire sulle foto della festa in talare, con un abito religioso o con il colletto romano, ed evitare così che si pensasse che la Chiesa appoggiasse in qualche modo quel che sia. Ma gli è andata bene. E non ha per nulla benedetto la « coppia » organizzatrice. Ha però ciononostante giocato molto bene il suo ruolo di pastore accogliente.
Il secondo esempio di ricatto sentimentale organizzato contro la Chiesa a proposito delle potenziali benedizioni sacerdotali di unioni omosessuali (che so per certo che hanno avuto luogo, anche se alla chetichella), sono gli effetti del clamore mediatico che può diffondersi a macchia d’olio senza che voi preti lo possiate controllare. E’ quel che è capitato ad esempio a Monsignor Brouwet durante il pellegrinaggio diocesano di Lourdes- Tarbes il 5-6 marzo del 2016. In quell’occasione lui e i suoi collaboratori sono stati assaliti da parecchie équipes televisive (I-Télé, in particolare) perché un giornalista malintenzionato aveva fatto correre la voce che tra le 250 coppie uomo-donna che si preparavano al matrimonio c’erano delle « coppie » omosessuali. « E’ la prima volta a Lourdes. Tutte le coppie, sposate e non, omosessuali o eterosessuali, divorziati risposati… sono invitate al santuario della città mariana per celebrare, sabato e domenica, San Valentino, la Festa degli Innamorati. ‘Venite a Lourdes per dichiararvi il vostro amore, annuncia una brochure pubblicitaria distribuita dalla Diocesi di Tarbes-Lourdes. L’invito è rivolto a tutti i tipi di coppie’. » L’eco di questa falsa informazione non si è fatto attendere. Europe 1, La Dépêche du Midi, il giornale 20 minutes… tutto il mondo giornalistico si è messo in agitazione per niente. E il diavolo era troppo contento del suo colpo: obbligare i preti a spiegare perché si opponevano alla « coppia omosessuale » come atto, e perché rifiutano qualsiasi benedizione di tale atto. Visto? Anche quando voi non vi siete messi a confronto pubblicamente e concretamente con il dilemma posto da questa situazione particolare, l’opinione pubblica e i mass media escogitano il modo di farlo al vostro posto, con l’oscuro disegno di confortare il loro pregiudizio anticlericale, al di là di ciò che voi diciate o pensiate. La Chiesa sarebbe omofoba perché non cede a tutti i capricci espressi dalla lobby eterosessuale.
35 – Se uno dei miei parrocchiani è in coppia omosessuale, lo incoraggio a vivere come fratello con il suo partner? Devo incoraggiarlo a tagliare con il suo partner?
Tutto dipende da come voi lo incoraggiate. Se lo fate male, senza amore, senza una proposta alternativa e positiva, senza empatia e senza aver prima instaurato una relazione fraterna nella quale avete preso conoscenza della sua situazione amorosa e che non ne disprezza la sincerità ed i benefici, astenetevi dal dirgli checchessia. Rischiereste per lo più di essere fraintesi e di essere accusati di formalismo farisaico. L’obbiettivo della correzione fraterna nei confronti di un amico omosessuale è la sua gioia. Non la sua Salvezza (o meglio, l’idea che di questa ci siamo fatti). La Salvezza gli sarà donata soltanto da Dio. Non dimentichiamolo mai!
Per quel che riguarda la proposta di una via di mezzo per arrivarci con gradualità – il famoso « cameratismo » pseudo spirituale, pseudo amicale, pseudo casto e che non è altro che il pasticcio dell’ « amicizia disinteressata » promossa dal Catechismo della Chiesa Cattolica -, si dovrebbe adattare alla situazione di ciascuna persona omosessuale. E’ evidente per esempio che in caso di malattia di uno dei due partner della « coppia », o in caso di possesso in comune (quasi indissolubile) di beni materiali (cioè umani!), la separazione non può essere brutale e nemmeno talvolta possibile: la persona omosessuale che si è troppo impegnata con il suo compagno di vita deve assumersi fino in fondo le proprie responsabilità, soprattutto quando la coabitazione diventa per forza di cose una questione di vita o di morte. Ciò detto, questi casi limite sono estremamente rari, tenuto conto che in generale la separazione di una « coppia » omosessuale non è vitale e disastrosa per nessuno dei due partner.
E’ la ragione per la quale, personalmente, preconizzo una rottura concertata più secca e radicale più di un simulacro di transizione tra una « vita amorosa omosessuale attiva » e una « convivenza fraterna platonica e spirituale », spesso proposta dai preti sessantottini tiepidi o borghesi. Come direbbe Zazie, « fa male e non fa male ». E la Verità, in tutta la sua radicalità e in tutti i piccoli lutti che ci richiede, mette ordine e libera molto più che i rattoppi e i premi di consolazione. Soprattutto nel caso della pratica omosessuale, dove è meglio tagliare corto piuttosto che tagliare meno, ma male. Anche se questo può richiedere del tempo per farsi strada nella loro testa e nel loro cuore, molte persone omosessuali cattoliche in coppia stanno sotto sotto aspettando di sentirsi dire che la « loro unione zoppica » e che non è perciò così grave riconoscerlo (è anche una Buona Notizia, alla fine, una constatazione quasi risibile), che possono essere molto più soddisfatte in amore e nella Chiesa seguendo un cammino meno routinario della « coppia » omosessuale che spesso non sa di niente.
36 – L’omosessualità è una causa di nullità di matrimonio?
No. Per sé sola non è causa di nullità. Perché non è né un’essenzialità, né un’identità, né un amore, né necessariamente una pratica. Essendo un mistero (di sofferenza) e una paura, non potrebbe essere considerata come una causa se non di riflesso, se non perché si aggiunge ad un disordine o ad un fatto più grave di essa. Quelli che se ne servono come scusa per togliersi l’anello al dito sono in mala fede. L’omosessualità agisce spesso come una lupa gravida di problemi interni alla coppia sposata uomo-donna che si sono accumulati con il tempo, come una circostanza aggravante o accelerante di un processo di separazione già cominciato prima per colpa di altre ferite/carenze. Viene sempre ad aggiungersi sia ad un problema più profondo di comunicazione e di libertà o di perdono o di soddisfazione tra i sessi, o, più drammaticamente, ad un problema di adulterio, di inganno, di maltrattamenti, di patologia, di condotta ossessiva/di dipendenza.
Un matrimonio religioso cattolico può essere giudicato invalido in ragione di un vizio di consenso (il consenso è l’atto della volontà per il quale un uomo ed una donna si donano e si accolgono reciprocamente in una alleanza irrevocabile). Ci sono parecchi motivi – chiamati « capi di nullità » – di dichiarazione di invalidità del matrimonio che non sono specifici dell’omosessualità ma che possono esservi legati (canone 1095 CIC, Codex Iuris Canonici):
– Le esclusioni formali di uno degli elementi sostanziali del matrimonio (fedeltà, indissolubilità, apertura all’arrivo di figli) ;
– La simulazione del matrimomio, cioè la totale mancanza dell’intenzione di realizzare l’impegno che rappresenta ;
– L’assenza di libertà provocata da pressioni gravi (psichiche come morali) ;
– L’inganno, concernente questioni importanti al fine di estorcere il consenso al futuro coniuge (per esempio nascondere un elemento importante della propria personalità) ;
– L’incapacità di dare un consenso che riposi su una scelta lucida e libera (per esempio una grave immaturità) ;
– Una patologia che coinvolga la psiche e che impedisca di mettere in atto o di assumere una vita coniugale (per esempio un complesso di Edipo irrisolto o una malattia psichica) ;
– Una incapacità di fondo di assumere gli obblighi del matrimonio (per esempio un problema di identità sessuale).
Ciò che deve essere (suppongo) esaminato con attenzione in caso di domanda di nullità del matrimonio dove l’omosessualità di uno dei due coniugi è autenticata (come praticata o semplicemente di desiderio o troppo irrisolta) è: la profondità del radicamento psichico della tendenza omosessuale nella persona che la prova; il potere di controllo su questa tendenza (misurabile sulla durata e di fronte a certe tentazioni); la capacità di eccitarsi sessualmente (in pratica se c’è o meno erezione); la piena conoscenza e trasparenza della tendenza omosessuale nella coppia (in pratica perché si tratti di nullità matrimoniale, che il marito non abbia avvisato la sua sposa della sua omosessualità prima del matrimonio).
Tutto questo non elimina la confusione persistente che circonda comunque l’esistenza e il senso del desiderio omosessuale. Questo non elimina la grandezza insondabile dell’azione della Grazia, della differenza dei sessi veramente accolta, e del Sacramento divino del matrimonio, su questo desiderio. Ogni coppia è unica e ha il suo proprio cammino. Inoltre, lo Spirito Santo e Gesù sono liberi, guariscono o lasciano temporaneamente sussistere il male come essi credono meglio. Ed il mistero del radicamento di una paura o di un male è talvolta duraturamente insolubile nel tempo umano In alcuni casi, l’omosessualità resterà latente, senza rimettere in causa il matrimonio cattolico e minacciarlo seriamente. Essa beneficerà anche di un aiuto divino spettacolare. In altri casi, capita purtroppo che la tendenza omosessuale sia talmente profondamente radicata da agire come un terreno che mina fortemente la solidità di una coppia sposata, richiedendo la separazione per il bene (o il « male minore ») di tutti. Auspico pertanto che i giudici ecclesiastici che hanno allo studio un caso di nullità di matrimonio legato all’omosessualità, di discernere e diagnosticare se l’omosessualità è un elemento annesso o dominante nella coppia sposata con la quale si confrontano. Io per primo non ho una risposta. Soltanto lo Spirito Santo li potrà guidare! (vi rimando alla domanda n°46 che completa questa).
Tengo ad aggiungere che la sistematizzazione/banalizzazione/democratizzazione della possibilità di dichiarazione di nullità di matrimonio in caso di omosessualità porta con sé un rischio enorme : il rovescio dell’omofobia, una omofobia per una volta incrociata con un ginocentrismo ed un femminismo mal posti. La banalizzazione sociale dell’omosessualità può trasformarsi come se niente fosse in abuso di potere da parte delle spose che sono state lasciate o ingannate dall’omosessualità. Ho sentito parlare di gravi abusi in questo senso. Alcune madri di famiglia sfruttano l’omosessualità del marito per sottrargli i figli o chiedere il divorzio in fretta o per patologicizzarlo : lo descrivono come « un bipolare », « un narcisista perverso », « un manipolatore » che ha coscientemente ingannato tutti. E’ una brutta faccenda e sono spesso ingiuste, queste esagerazioni.
CAPITOLO III – VITA IN PARROCCHIA E NELLA SOCIETA’ E OMOSESSUALITA’ (CASI DI COSCIENZA DI CATTOLICI):
37 – Come reagire di fronte ad una coppia omosessuale presente in modo discreto ad una celebrazione liturgica?
Non bisogna reagire, né dire nulla, ma pregare per loro. E se si può, prima (preferibilmente) o dopo la messa, ascoltare le persone e aiutare a far si che la confessione del loro errore sia fatta da loro e non da noi. Gesù, con la Samaritana, mantiene questa delicatezza. Come mi diceva recentemente una donna che è stata spinta da suo marito a divorziare perché lui l’ha ingannata e poi lasciata, e come dimostrano le persone omosessuali in « coppia » stabile e cattoliche praticanti, tutte le persone che vivono il concubinato o l’adulterio o situazioni peccaminose fuori del matrimonio o del celibato consacrato, hanno davvero la sensazione di sperimentare una grande pena quando si sforzano di stare nella Chiesa e di partecipare alla Messa: la grande pena di soffrire per la loro situazione irregolare (un divorzio, la pratica omosessuale, un aborto, il peso dei loro peccati e la perseveranza in questi ultimi), appesantita dallo sguardo intransigente degli altri e dall’accantonamento del Sacramento della Riconciliazione, del Battesimo e dell’Eucaristia. Mi dicono che la cosa più dura non è tanto vedersi privati dell’Eucaristia (perché esistono diverse unioni con Gesù possibili al di fuori di Essa) ma è il non poter andare a confessarsi. In effetti, le persone divorziate risposate o più ancora le persone omosessuali in « coppia » non sono autorizzate a ricevere il Sacramento della Riconciliazione. Il conto sembra già abbastanza salato (in realtà non lo è perché sono esse a persistere in un cattivo comportamento, estraniandosi da Gesù: Lui non le ha mai abbandonate. E’ la loro pratica che chiude loro le porte: non la Chiesa!). Esse hanno l’impressione di essere trattate come dei criminali o degli appestati, che la loro comunità religiosa e parrocchiale sia più conciliante con un senza fissa dimora o con un criminale che con dei fratelli della stessa comunità che non sono in linea. Bisogna quindi aver cura della suscettibilità del peccatore ed adottare una strategia affinché essi scoprano la propria libertà e la Verità senza che si offendano, ed affondino nel disprezzo della Chiesa o o di sé stessi.
A mio avviso, se vi trovate di fronte una persona in situazione irregolare, se per esempio notate dei divorziati risposati o delle donne che hanno abortito o delle persone omosessuali « in coppia » che assistono alla messa o che si mettono in fila per la comunione, anche se il fatto è in sé deplorevole, vi consiglio di pregare per loro piuttosto che intervenire. Fate in modo di mostrargli il loro peccato ben prima che lo aggravino con il peccato di sacrilegio. E se lo hanno commesso o sono sul punto di commetterlo, fatelo molto tempo dopo lo sbaglio. Regola basilare della correzione fraterna: non infliggere loro una umiliazione pubblica. Non c’è niente di peggio del controllo, della proibizione fatta sul momento, della denuncia, della delazione, di una correzione fatta in fragranza. Il controllo deve essere fatto dalla persona su sé stessa. E’ essa stessa che deve avere la situazione in mano, decidere se comunicarsi o meno, se venire a messa (con il suo compagno) o non venire, se restante o non restare in coppia (omosessuale o adulterina). La sua libertà è sacra. E la presa di coscienza del proprio peccato si deve fare con delicatezza, il dialogo nella Verità, nello humour, nell’ascolto. Se la persona è troppo immersa nel proprio peccato, si sentirà confusa con questo e giudicata, rischiando di tagliare definitivamente con la Chiesa. Se si escludono pubblicamente tutte le persone in stato di peccato mortale, ci sono forti probabilità che per orgoglio, queste si rinchiudano ancora più duraturamente/definitivamente nel loro peccato. E così si farebbe il gioco del demonio.
Un no secco o una proibizione espress(o)a sul fatto compiuto o poco prima di essere compiuto rischia di essere interpretata come un rifiuto della persona, cosa di cui il peccatore ha tutt’altro che bisogno. A meno che siate preti e al momento della Comunione abbiate quindi il tatto e l’autorità dati dal vostro sacerdozio (e che il Corpo di Cristo ben merita!), lasciate che la persona si comunichi. Non dite niente. Rivolgetevi al loro angelo custode. Gesù nell’Ultima Cena, pur sapendo che Giuda stava per tradirlo, gli ha permesso di comunicarsi. In questo tempo, nel quale il male si sta intensificando, si generalizza e si diversifica (penso in particolare ai genitori che convivono, ai genitori sposati che hanno notoriamente praticato la fecondazione eterologa, ai genitori singles i cui figli sono nati fuori dal matrimonio, ai genitori risposati, alle persone « omosessuali » in coppia, ecc.), credo che soltanto i preti o le persone che sono passate attraverso le pratiche illegittime incriminate e che ne sono uscite definitivamente, siano legittimati ad intervenire sul peccato in atto, e possiedano all’occasione l’autorità necessaria per parlare con la persona peccatrice senza che questa si inalberi. Gli altri lascino perdere, senza peraltro rinunciare a dire la Verità in un momento più opportuno. « Chi non ha mai peccato scagli la prima pietra » (Gv 8,7). Gesù ha scelto l’ora di mezzogiorno (la più anonima) per parlare a quattr’occhi con la Samaritana (una straniera, sua nemica).
38 – Crede che le parrocchie devono ammettere delle persone omosessuali che praticano la loro omosessualità a servizi come il catechismo (capi scout), il consiglio presbiterale, l’animazione liturgica (organista, chierichetto, lettore, coro), ecc. ?
La domanda potrà stupire o far ridere. Ma se si va a fondo, ci si rende conto che merita tutta la nostra attenzione. E i preti si devono sempre più confrontare con questi « stupidi dettagli » che possono rapidamente diventare un caso di Stato in parrocchia. Per quanto riguarda la mera presenza o la partecipazione di persone con tendenza omosessuale alle attività o agli incarichi della parrocchia, è chiaro che questo non pone nessun problema e ci fa piacere e possiamo dare un grande contributo. Abbiamo disponibilità e competenze da offrire. E Dio accoglie tutti nella sua casa. E non ama gli sprechi.
Ciò nonostante, bisogna aggiungere una sfumatura importante a quello che ho appena detto. I compiti ecclesiali in mano ai laici non si equivalgono tutti, sia dal punto di vista delle competenze che della remunerazione che dell’importanza simbolica e sacramentale. Lascio ai parroci di stabilirne una gerarchia caso per caso. Ma leggere una lettura o suonare l’organo, non sono sullo stesso piano di servizio, di coinvolgimento, di costanza e di esempio per la parrocchia. Non hanno tutti la stessa missione. Un giorno un prete di Strasburgo venne per presentarmi un suo caso di coscienza: un organista in « coppia » omosessuale aveva chiesto di prestare servizio per la sua parrocchia, e lui non sapeva come gestire la questione. Aveva paura di essere messo sotto processo per omofobia e di giudicare una persona per motivi indipendenti dalle sue innegabili capacità come musicista. Temeva poi che non tutti i suoi parrocchiani avrebbero accettato la sua decisione.
Credo che in questi frangenti la differenza la faccia la continenza. Personalmente, io sono stato per quattro anni catechista a Savigny-sur-Orge (sobborgo di Parigi) e ciò non ha mai creato problemi. Proprio perché la continenza libera da ogni proselitismo, da ogni equivocità legata al modello simbolico, identitario e amoroso, che può saltar fuori di fronte all’omosessualità dichiarata. Tornando al caso dell’organista di Strasburgo, ho proposto al parroco di sondare in un incontro personale le motivazioni interiori del suo candidato: perché vuole assicurare questo servizio nella chiesa? Sta all’interno di un vero percorso di obbedienza ai comandamenti di Gesù, all’interno di un cammino di servizio, di umiltà, di comprensione intima del cuore della Chiesa, di coscienza di una Missione evangelica attraverso l’accompagnamento musicale; o è lì per i soldi, per il prestigio, per lo status sociale ed ecclesiale e per il decoro liturgico? La pratica omosessuale mostra già di per sé una chiara disobbedienza alla Chiesa. E credo che questo organista non ambisse a quel posto per rimettere in questione questa disobbedienza. Quindi personalmente, e dopo essermi confrontato con lui, gli avrei detto di no.
39 – Secondo Lei qual è la percentuale di parrocchiani pro-gay e favorevoli alle Unioni Civili nella Chiesa e nelle chiese ?
Non ne ho la più pallida idea. Immagino che sia molto alta. So soltanto che sono la sola persona omosessuale cattolica continente in Francia che ha pubblicamente dimostrato la sua opposizione alle Unioni Civili (Jean-Pierre Delaume-Myard l’ha fatto sul tardi, dopo le manifestazioni di protesta italiane, ma per conquistarsi uno spazio pubblico: certamente non per rimettere in questione « l’amore » o la pratica omosessuale). Quasi tutti i preti ini mi sono imbattuto si sono abituati alle Unioni Civili (dopo l’approvazione dei PacS nel 1998) e non ne hanno capito la gravità. L’hanno affrontata come una legge che avrebbe potuto posporre/evitare il « matrimonio gay » , come una situazione che sarebbe rimasta molto diversa da quest’ultimo (mentre invece le due leggi si riferiscono esattamente alla stessa realtà simbolica ed intenzionale che è all’origine della maternità surrogata). Un’esigua minoranza di cattolici francesi ha percepito la violenza del « coming out » , delle Unioni Civili e per ultimo di qualsiasi legge basata sull’orientamento sessuale così come la violenza della sostituzione della differenza dei sessi con l’eterosessualità.
I pochi preti cattolici d’accordo con me, quando mi invitano nelle loro parrocchie all’ultimo momento si spaventano. All’inizio sono pieni di entusiasmo. Poi si tirano indietro. Non per paura di ciò che sto per dire, ma per paura dei danni collaterali che precedono e seguono la mia conferenza. Si intiepidiscono per prudenza e « pedagogia » . Diversi parroci che conosco e che, dopo essersi molto coinvolti nella loro parrocchia iper-cattolica dove potevano manifestare senza problemi il loro impegno contro il « matrimonio per tutti », sono stati trasferiti in una nuova parrocchia, dove, alla riunione di inizio anno, c’erano talvolta parecchie « coppie » omosessuali ad aspettarli. Senza vergognarsi delle loro convinzioni, hanno deciso di essere più strategici, di tapparsi la bocca e di prendere tempo e hanno preferito in un primo momento rimandare (o più esplicitamente annullare) il moi intervento. La grande maggioranza dei preti cattolici francesi non ha assolutamente preso coscienza del massacro umanitario che costituiscono le Unioni Civili.
Questa disastrosa prova sul campo – che dimostra quanto poco e male i cattolici ritengano importanti il matrimonio e la differenza dei sessi (non sto parlando a livello intellettuale ed intenzionale, ma dal punto di vista dell’affezione e della concretezza) e siano in panico di fronte all’imminenza delle persecuzioni anticattoliche – posso farla in modo ancora più accentuato per tutti gli altri paesi del mondo. Per esempio, la maggior parte dei cattolici di lingua spagnola rafforzano – nello stesso momento in cui affievoliscono (in modo borghese) – la loro posizione di fronte all’ Unione Civile e a quella che chiamano la « lobby gay ». Sono ancora più astiosi dei francesi, già di per sé abbastanza scontrosi. Potete immaginare! Rifiutano in massa la mia argomentazione ricca di sfumature che tiene in considerazione la realtà omosessuale e rimette in causa in profondità l’ideologia che essi denunciano e la sostengono senza rendersi conto di come essa in realtà si chiama: eterosessualità. E nei paesi europei l’insieme dei cattolici passa da un estremo all’altro nei confronti delle persone omosessuali e cioè dal rifiuto/indifferenza totale all’ « apertura » , per riequilibrare il tutto, e farsi perdonare. E’ ciò che viene fuori in questo momento in Germania dai disastrosi « Katholikentag » (il più grande raduno cattolico del paese), con un programma « arcobaleno » composto da vari e differenti workshops quali « Il matrimonio per tutti » , « Come vivono le famiglie arcobaleno » o ancora « Teologia queer » . Molto male. E’ come se gli Stati gnerali del Cristianesimo in Francia si consacrassero totalmente all’omosessualità, ma nell’ottica di associazioni pro-gay quali David et Jonathan, Devenir un en Christ o La Communion Béthanie. Vi lascio immaginare il putiferio che scoppierebbe. E non ne siamo così lontani in Francia, perché sono già stato escluso per ben due volte da questo evento cattolico nazionale.
40 – Il parroco è « scappato » con un uomo. La parrocchia lo sostiene. E noi cosa diciamo?
Ho in mente diversi casi concreti. Il fenomeno non è affatto isolato. Anzitutto, prima di esprimervi in qualunque modo, vi consiglio di documentarvi seriamente sull’eterosessualità e la trappola che essa rappresenta. Poi, beninteso, non maledite questo prete, con il pretesto che voi non siete d’accordo con quello che fa. E neppure giustificate il suo agire con il relativismo che ci circonda né con una falsa accoglienza dettata dal luogo comune del « non giudizio ». Pregate piuttosto per lui ed il suo compagno. Ne hanno un grande bisogno, perché, oltre a tradire la Chiesa, mentono a loro stessi e si mettono in un’impasse che non possiamo invidiare o banalizzare.
Il risvolto più delicato sono le ricadute e la gestione di un tale evento nell’ambiente parrocchiale. Perché, a parte quando il fatto è passato sotto silenzio (che è quel che capita ancora il più delle volte) , è il tipo di scandalo che – proprio perché la gente non sa niente di omosessualità, pur sentendosi sempre più obbligata a dire la sua in proposito – ha il potere di provocare un gran putiferio e fomentare la divisione in seno alla comunità Tra quelli che inveiscono, quelli che prendono le parti del parroco e quelli che stanno zitti, si hanno riuniti tutti gli ingredienti umani per scatenare una guerra civile interna alla Chiesa cattolica!
E ancora: vi sto parlando di un’epoca in cui l’omosessualità dei preti veniva gestita in una relativa discrezione e non beneficiava di un’esibizione fiera né di una copertura mediatica nutrita dai pettegolezzi dei parrocchiani. Le cose stanno cambiando. I cattolici perdono sempre più spesso il loro pudore e si credono obbligati a « prendere posizione » su tutto (« Per salvare il vostro parroco premete 1 », « Per cacciarlo premete 2 » ). E sempre più preti, invece di nascondere la loro pratica omosessuale ed il loro partner, decidono di giocare il tutto per tutto, dicendo a sé stessi che « più ingigantiscono la cosa, più in fretta passerà » che il loro aplomb o la pietà che ispireranno li libererà dalla vergogna, che il loro coming out non basterà per farli sospendere dal servizio. Tra le altre cose, essi spostano l’attenzione dal loro adulterio verso la non presa di posizione della Chiesa sull’omosessualità (mancanza di presa di posizione presentata come rigida, arcaica o ingenua) e soprattutto verso l’impopolare ed enorme energia di cui avranno bisogno i loro superiori ecclesiatici per decidere pubblicamente la loro estromissione/scomunica.
Non crediate che questo tempo di orgoglio/faccia tosta « arcobaleno » – sacerdotale sia lontana a venire. Diventano sempre più frequenti, questi coming out « gay-cristiani », e talvolta anche « gay sacerdotali » (soffro già abbastanza per le interviste choc vuote dei miei compagni « omocattolici » che si raccontano davanti alle telecamere e si sfogano su « come vivono con queste due appartenenze », senza mai proporre alcuna analisi di fondo sull’omosessualità. In questo momento i Krysztof Charamsa, William Nasarre, José Mantero, Andrés Gioeni, escono allo scoperto, e trovano che è molto « profondo » confessare a tutti che si è « preti e omosessuali » o « cristiani e omosessuali ». Non si accontentano di dire che « è possibile essere tutt’e due le cose », ma sostengono che sarebbe « più bello e più vero » , perché questo realtà si impone, è qualcosa di reale, anche se nascosto per troppo tempo, che è faticoso tirar fuori, che rischia di essere mal compreso; la loro sarebbe una doppia dichiarazione d’amore e questi due aspetti della loro vita potrebbero armonizzarsi meglio se la Chiesa avesse il coraggio dell’Amore e del realismo. E attraverso casi di celebrità cristiane che confessano allo stesso tempo il loro « indefettibile » attaccamento alla « loro » Chiesa/ai loro parrocchiani, e la loro sofferenza di essere « indiscutibilmente » omosessuali, sempre più fedeli cattolici – toccati da queste persone « doppiamente vittime » – sostengono che le due dimensioni – cattolica e omosessuale – non si contrapporrebbero, anzi, sarebbero perfettamente compatibili, senza la necessità della continenza.
E quasi nessuno controbatterà su questo, per paura di passare per omofobo, ivi compresi i cattolici tradizionalisti che in generale si servono di questi cattivi esempi di preti spretati per dissociarsi ancor più dalla Chiesa postconciliare e per fare ancor più pressione su papa Francesco. Di conseguenza, con le esternazioni dei preti omosessuali sta arrivando il grande vuoto tiepido-glaciale. E siccome sempre più cattolici dubitano della Presenza di Gesù nell’Eucaristia o dell’esistenza del diavolo, siccome disprezzano le parole « omofobia » e « omosessualità », non credono più nel primato della differenza dei sessi quale Amore vero e nel primato del celibato continente sul matrimonio (perché sarebbe necessario che i preti non si sposino, se alcuni tra loro ne sentono l’esigenza?), demonizzano il modernismo oppure il tradizionalismo, pronti a giocare la parte o dell’ « apertura tollerante », o, al contrario, dell’intransigenza/indifferenza esasperate/offuscate. Eccoci, siamo alla frutta!
41 – Qual è il più grande pericolo che incombe su un cattolico riguardo all’omosessualità?
Posso citare piccoli pericoli: l’ignoranza e quindi la vulnerabilità di fronte al male, se non ci si è mai confrontati con la realtà omosessuale: il relativismo, l’indifferenza o l’invettiva, se siamo disturbati o sedotti dal tema (sulla base di una cattiva comprensione di ciò che è la Carità e la Verità); l’insoddisfazione o il malessere in « amore », se pratichiamo l’omosessualità; la sensazione di essere in costante contraddizione con la propria fede o con i cattolici in generale, se pensiamo di poterci mettere al posto di Dio o, al contrario, se ci sentiamo una nullità , o se viviamo una doppia vita.
Posso anche mostrarvi un più grande pericolo che incombe sul cattolico che pratica l’omosessualità: quello di essere privato della Salvezza eterna. Detto altrimenti, rischiare di andare all’inferno e di « peccare in conoscenza di causa » (pleonasmo). E’ la spada di Damocle più evidente. E già per sé stesso, questo sarebbe sufficiente a dissuadere il cattolico un minimo fervente e capace di proiettarsi nel Mondo invisibile, dal praticare l’omosessualità. Anche se, ribadisco, nessuno è riducibile al male che commette, e noi non abbiamo un’idea completa della potenza della Grazia che può redimerci.
Ma a dire il vero, c’è un dolore che si vive già sulla terra e che fa tagliare relativamente corto con la pratica omosessuale e con ogni velleità di vivere in « coppia », ancora più intenso della paura per la salvezza post-mortem: è la prospettiva di privarsi dell’Eucaristia, il Pane vivente di Gesù. Essa incombe su ogni cattolico che riconosce la presenza di Dio nell’Ostia. Da parte mia, io non esco con le persone che mi piacciono quasi soltanto perché tengo a Gesù-Pane Vivo! Più che la mia salvezza o la mia reputazione, è l’Eucaristia che mi motiva a non trastullarmi nell’omosessualità. Io so che vivendo l’adulterio/il concubinato, non avrei più accesso all’Eucaristia e questo mi farebbe soffrire enormemente, non lo sopporterei. E parlo per esperienza: nel 2010 è stata la mia non conformità con le condizioni richieste per ricevere la Comunione che mi ha fatto lasciare successivamente i miei amanti. Non potevo restare molto tempo con un partner a causa di questo. Sono molti quelli che hanno l’energia, l’orgoglio sfacciato o la pazzia per perseverare nella menzogna e nell’incoerenza. Ioso invece che alla lunga non reggerei! Se l’Eucaristia non si imponesse su di me con autorevolezza, credetemi, io avrei già saltato il fosso da un bel pezzo ed in questo momento sarei ancora in « coppia ». Ad oggi l l’Eucaristia è la sola Persona che mi trattiene! La sua assenza è il mio incubo, così come la sua consumazione – che il mio stato di vita autorizza – è la mia Gioia e la mia più potente salvaguardia.
42 – Quello che Lei dice sull’omosessualità si rivolge solo ad una persona gay che crede. Perché se uno non crede in Dio, il suo obiettivo sembra irraggiungibile; senza Dio, il suo discorso è irricevibile. O no?
Non credo. Dio è concreto, universale e semplice. Il fatto di essere cattolico, lungi dall’allontanare dall’intelligenza e dalle situazioni umane, raggiunge tutti (non credenti inclusi), il buon senso, le realtà mondane, con una precisione ed una delicatezza ammirevoli, sorprendenti. Soprattutto quando si tratta di parlare di omosessualità e di sofferenza. In questo si arriva subito al punto. I nostri contemporanei sono sedotti dalle parole che hanno plasmato il loro modo di concepire il mondo e l’amore: « tolleranza », « differenza », « uguaglianza », « omosessualità », « eterosessualità », « omofobia », « amore », « libertà »… Sta a noi rassicurarli riutilizzando questi termini, sviscerandoli, avendo però ben cura di non dare loro a pensare che noi rimettiamo in dubbio la bellezza della loro sincerità e delle loro buone intenzioni. Molto spesso, la gente si irrita perché non sopporta di essere giudicata « cattiva » o « mal intenzionata ». Se noi li tranquillizziamo su questo piano, se gli mostriamo che non dubitiamo che hanno voluto agire bene, dopo potremo senza problemi far loro vedere che agiscono o pensano male (includendo noi stessi, se possibile, nelle loro traverse e cattive azioni) o piuttosto, che avrebbero potuto agire e pensare meglio e diversamente. E andrà tutto da sé.
Ed infine, non è vietato praticare la maieutica, parola un po’ barbara che significa più semplicemente « lasciare che la persona trovi essa stessa la risposta ». In più, i nostri detrattori hanno spesso molte più cose di quante immaginiamo da imparare sull’omosessualità, più di quanto essi stessi non suppongano! Partiamo dunque tutti insieme verso quest’isola del tesoro che è l’omosessualità invece di spaccarci la testa sulla fede o sull’ateismo di ciascuno. L’omosessualità è un tematica sexy. La Fede cattolica anche. E le due prese insieme, non vi dico! Che cosa si aspetta quindi per annunciare l’Amore di Cristo e della Chiesa tramite l’omosessualità?
43 – Io sono cattolico e vedo che mio figlio o mia figlia si è allontanato(a) dalla fede. E più gli mostro che prego per lui/lei, tanto più questo lo infastidisce e l’allontana dalla fede. Cosa faccio? Insisto? Gli/Le propongo il tuo libro? Lui/Lei mi odierà ancora di più.
Sì. Ma non si scoraggi. Mia mamma – che è mancata poco più di due anni fa – si chiama Monica. Come santa Monica, che ha pianto tanto a causa di suo figlio Agostino. E ne è valsa la pena! Non abbia vergogna di essere una santa Monica insistente e triste (senza cadere in un teatrale ricatto affettivo o spirituale). Se Lei non lo fosse sarebbe inquietante. Vorrebbe dire che non ama suo/a figlio/a e che si prende gioco della Salvezza della sua anima. In più, le preghiere dei genitori di un figlio o di una figlia omosessuale sono sempre ascoltate, se non dall’interessato/a, almeno da Gesù e da Maria. E’ la cosa più importante! Ciò La obbliga, infine, a centrare la sua preghiera sul Re e la Regina, e a non contare soltanto su sé stessi. Quanto alla Sua fedeltà al Signore, anche se essa non va da sé nella direzione degli atti e dei desideri di Suo figlio/a, serve sicuramente a quest’ultimo/a come testimonianza irreprensibile e come prova che Lei lo/a prende sul serio, che Lei l’accompagna, che Lei è due volte fedele. E non potrà restare senza frutti.
Per quel che riguarda il mio libro, non importa se non piace o se irrita. Da solo non ha in alcun modo il potere di far saltare per aria una famiglia o di fare dei miracoli,. E se finisce nella spazzatura (in quel caso non se ne parla più… a meno che un netturbino che ha un figlio omosessuale lo trovi « per caso » nell’immondizia!), può sempre essere letto di sfuggita e agire nei cuori a ritroso, oppure restare per molto tempo in un cassetto per essere poi riscoperto in un momento più tranquillo. Un consiglio: non agisca secondo la reazione che suppone potrà avere suo figlio o sua figlia omosessuale, ma sempre come deve, e per compiacere il Signore. Suo figlio la potrà sorprendere. La fede è la migliore consigliera ed è molto più feconda/profetica della paura.
44 – Come posso fare se una persona cara è omosessuale, respinge la Chiesa rifiuta la sua famiglia e e frequenta persone di un ambiente nocivo? Come parlare con lei facendogli capire che io non approvo la sua condotta?
Amare qualcuno significa accoglierlo in tutto quello che è e in tutto quello che vive. E’ anche tollerare la sua libertà di agire male quando di fatto commette degli errori, senza smettere di dirglielo se la situazione non migliora. Dobbiamo pertanto navigare tra due acque, quella della tolleranza/del compromesso e quella della perseveranza nella Verità esigente. So che non è semplice. Ma so anche che è l’ironia, così come lo Spirito Santo, che vi permetteranno di far passare il vigoroso messaggio di Cristo con dolcezza. Non perdete mai di vista che le persone più « cattofobiche » sono proprio i cattolici. Non le persone che non conoscono Dio e che, proprio per questa ragione, non possono rifiutarLo. E’ paradossale, ma è la Verità.
45 – Come genitore cattolico di un figlio omosessuale ho un peso ulteriore, una Croce più grande?
Sì. Senza dubbio. Perché Lei sa che è in gioco l’anima e la Salvezza di suo figlio ed in questo caso anche a rischio. Rispetto ad un genitore che non ha la fede, la posta in gioco che Lei, genitore cattolico, riconosce nella pratica omosessuale è più forte, l’angoscia è maggiore. E’ bene che Lei lo sappia. Prima di tutto per evitare di colpevolizzare all’eccesso e di parlare troppo/fare prediche. Poi, per capire la vera ragione della sua angoscia: la lotta spirituale e la chiamata personale ad intensificare la sua preghiera. E, infine, per individuare e più ancora per evitare a suo figlio omosessuale le reali conseguenze delle sue azioni terrene. E se lui sente che Lei lo mette in guardia sulla sua Salvezza e sulla sua Eternità celeste, si renderà meglio conto che Lei non ti preoccupa soltanto per sé stesso o per ciò che gli altri pensano o per il suo benessere coniugale e procreativo, ma davvero per lui stesso, per la sua felicità senza fine, per Dio. Questo cambia tutto! Rende la sua preghiera e il dolore rispetto all’omosessualità amorevoli, offerti, diretti verso l’altro che è suo figlio!
46 – Sono cresciuto in una famiglia cattolica, mi sono sposato (a) in Chiesa, e mio marito (o moglie) mi ha lasciato per un uomo (una donna). Cosa fare?
Riconosco che sono delle situazioni molto dolorose (anche se oggi si tende a banalizzare questo dolore). E prima di offrire qualsivoglia elemento di soluzione, starò attento a non procedere troppo speditamente e a non fornire un metodo preconfezionato. Non posso far altro che cercare di entrare in empatia e mi sento molto povero davanti a Lei. Ci sono coppie che hanno superato molto bene il problema dell’omosessualità (perché è un problema). Altri si sono rotti la testa sulla questione (si veda la domanda sulla nullità di matrimonio).
Il problema, nell’attuale clima essezialista e sentimentalista che tende a banalizzare e a mettere sul piedestallo l’omosessualità come una « verità indiscutibile della persona », è che l’importanza eccessiva conferita all’omosessualità può portare alcune coppie donna-uomo di oggi (si vedano certi giudici di tribunale ecclesiastico) a credere nella necessità della loro separazione, ad accelerareari il processo canonico di nullità, a gettare la spugna, a de-razionalizzare il problema (« Ci è caduto addosso come una tegola. E’ così. Lo sapevamo da tanto tempo. Non si può lottare contro i sentimenti o contro il corpo o contro una malattia o contro una relazione omosessuale completamente estranea ad una relazione etero »), a non perseverare nel superamento dei conflitti (tanto più quando la coppia non ha figli o quando l’adulterio implica una terza persona e quindi una relazione di un’apparente « altra natura »), a scristianizzare e a trascurare il sacramento del matrimonio, a seppellire la questione giustificando la separazione come una fatalità determinista, senza cercare di andare più a fondo (« Non si può combattere l’omosessualità, perché non la si capisce e perché non è una scelta. Supera tutto l’amore che ci siamo voluti; non annulla niente; è ‘a parte’ »). L’omosessualità può servire da alibi pratico e fallace ad un qualsiasi annullamento di matrimonio, da argomento di autorità fasullo, da leggenda impressionante e da scenario facile che spiegano e risolvono in apparenza ogni litigio, ogni colpevolezza, ogni separazione. Non sto dicendo che essa non costituisca talvolta una ragione sufficiente od un ostacolo reale alla durevolezza/possibilità di un matrimonio. Ma è tutto così semplice? Come misurare la profondità di un radicamento dell’omosessualità, la forza che la persona può attingere da sé stessa , dalla propria moglie e dal sacramento del matrimonio, la potenza che Dio dona per vivere con la fragilità omosessuale nella fedeltà nonostante tutto? E’ difficile.
Sono bloccato nel dare un qualunque consiglio nel caso in questione. Bisogna mollare la presa o perseverare in caso di separazione matrimoniale causata dall’omosessualità come tendenza e/o praticata? Direi che questo dipende da ciascuna situazione. La mia speranza cristiana mi fa dire che non bisogna comunque mai scoraggiarsi, e che Gesù può trarre il meglio da ogni situazione, anche dolorosa, anche inestricabile e violenta. So che vale in ogni caso la pena di battersi contro l’omosessualità, perché, come tendenza e a maggior ragione come pratica, essa può essere occasione di perdono e di dialogo magnifici, può rinforzare la sua coppia, far rivedere il suo funzionamento ; e perché l’omosessualità praticata non renderà comunque felice il suo coniuge e in ogni caso non più felice di quando era in coppia con lei. Ma talvolta è preferibile inchinarsi davanti all’enigma del male, davanti alla presenza della zizzania nel campo della sessualità, davanti alla nostra propria impotenza di fronte all’esistenza di un male che talvolta supera nella vita terrena la persona con cui ci si è sposati in buona fede, perché la tendenza omosessuale può essere predominante. Il grado di radicamento deve essere giudicato a seconda della situazione. In alcuni casi, l’omosessualità costituirà un elemento determinante; in altri potrà essere temperata, domata e riciclata con successo. Conosco degli uomini che sono ritornati dalla moglie e dai loro figli dopo uno o più errori di condotta omosessuale perché hanno scoperto che questo modo di vivere non li avrebbe mai resi felici. Ammiro le spose che hanno la pazienza e la fiducia di sopportare tali turbolenze, ed i mariti che hanno l’umiltà di battersi per ritornare alla fedeltà del loro matrimonio e di far fronte alle loro inclinazioni. Conosco anche dei casi in cui l’omosessualità è talmente radicata nella persona che ha trascinato nell’impotenza e nell’infelicità una coppia, una sposa e talvolta una famiglia intera. E’ importante dunque non sopravvalutare né sottovalutare l’omosessualità. Sottile linea di confine di cui non conosco tutti gli annessi ed i connessi, avendo io stesso cercato di sposarmi con una donna che pensavo di amare ed avendo dichiarato fortait, nonostante la mia fede e la mia volontà di sperare nel potere del sacramento del matrimonio sulla mia tendenza sessuale.